eJournals Italienisch 40/80

Italienisch
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
Der Roman von Gianfranco Rossi, 'Puttaneggiar coi regi', ist eine deutliche riscrittura von Gli occiali d'oro, dem berühmten Werk Giorgio Bassanis. Dieser Aufsatz untersucht die Strategien der dialektischen ré-écriture bei Rossi. Rossi versetzt die Hauptfigur des homosexuellen Arztes in ein soziales Milieu, das diastratisch komplexer aufgebaut ist im Vergleich zu dem, was Bassani in seinem Roman zeigt. Auch dem Fascismo steht der Arzt von Rossi ambivalent gegenüber, im Vergleich zu Bassanis Darstellung: das sozial negativ bewertete Merkmal, sei es das Judentum oder die Homosexualität, wird in Rossis Werk nicht als eine allgemeine Verwerfung durch die Gesellschaft – so wie bei Bassani –, sondern eher als ein persönliches Merkmal der Diversität konzipiert. Dennoch teilen die beiden Autoren eine Gesamtstrategie der Darstellung: Beide bemühen sich, durch exemplarische Beispiele des "Sündenbocks", die Tragödie des Fascismo in einer provinziellen Kleinstadt darzustellen.
2018
4080 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

Da Gli occiali d'oro di Giorgio Bassani a Puttaneggiar coi regi di Gianfranco Rossi.

2018
Philip Stockbrugger
56 P H I L I P STO C K B R U G G E R Da Gli occhiali d’oro di Giorgio Bassani a Puttaneggiar coi regi di Gianfranco Rossi Storie di esclusi nella Ferrara del Ventennio Giorgio Bassani e Gianfranco Rossi nascono entrambi a Ferrara, e qui vivono la loro prima giovinezza, tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento. Sono cugini, e si frequentano con una certa assiduità. Il più giovane, Rossi, è costretto a rifugiarsi in Svizzera insieme alla famiglia, mentre Bassani prende altre vie di fuga. Non vi sarà mai un riavvicinamento: la biografia bassaniana non si sovrapporrà mai a quella oscura, provinciale, del più giovane cugino. Rossi torna a Ferrara dopo la guerra, e qui e nei dintorni insegna in varie scuole superiori, scrive di cinema, e a partire dal 1953 inizia la sua carriera di narratore. Pubblica alcune « storiacce » , come lo stesso autore ama definirle, racconti in cui l’elemento erotico è prevalente. 1 Il successivo riavvicinamento alla religione ebraica significa per Rossi un processo di sublimazione che lo porta dalla prosa alla poesia. 2 L’ultima sua fase letteraria è tuttavia un ritorno alle «storiacce». 3 In mezzo vi è la parentesi della «trilogia ferrarese», costituita dai romanzi Gli spettatori dimenticati, Puttaneggiar coi regi e Conversazioni con il silenzio della prima metà degli anni Novanta. 4 Questa cosiddetta «trilogia» è a dire il vero un raggruppamento alquanto debole, o almeno lo è se si considerano i dati macrostrutturali. Ne Gli spettatori dimenticati vi è un continuo andirivieni, per scene, tra il presente dell’io narrante e il passato; il secondo si concentra su un personaggio isolato, punto focale e insieme di visione del mondo romanzesco; il terzo, infine, è un romanzo a più voci, in cui i destini di diversi personaggi più che intrecciarsi si costeggiano, collegati il più delle volte soltanto dal reciproco vedersi. Fanno superficialmente parte di una ‘trilogia’ per l’ambientazione spaziale e temporale che condividono, la Ferrara degli anni del fascismo, ma più profondamente perché, come in una complessa architettura sinfonica, personaggi, scene e perfino locuzioni isolate riemergono di continuo nelle tre opere, legandole insieme, ma in sottotraccia. 1 Ricordiamo tra gli altri Il trionfo dello sciamano, Catania: Pellicanolibri 1983 e I sogni ricorrenti di Biagio Balestrieri, Catania: Pellicanolibri 1986. 2 Le principali sillogi poetiche sono Virtù dal cuore fragile, Ferrara: Corbo Editore 1997 e Mie care ombre, Codigoro: Tipografie Giari 1999. 3 Cfr. La Maldicenza e altri racconti, Correggio: Edizioni Diabasis 2001. 4 Gli spettatori dimenticati, Milano: La Cisterna 1991, Puttaneggiar coi regi, Ferrara: Liberty House 1993, Conversazioni con il silenzio, Ferrara: Liberty House 1995. Italienisch_80.indb 56 01.03.19 12: 09 57 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi È difficile risalire alle motivazioni di un salto nel passato e nella Storia per un autore che prima de Gli spettatori diligentemente fuggiva ogni possibile collocazione temporale - se non quella di una vaga contemporaneità - e spaziale delle vicende da lui narrate. In quest’ottica forse non è un caso che la trilogia, come la chiameremo per convenienza, esordisca proprio con un romanzo di ispirazione autobiografica: è come se Rossi avesse voluto tentare una ricollocazione dell’universo romanzesco a partire da quei dati biografici che potessero dargli una base d’appoggio solida. Il salto continuo tra passato e presente de Gli spettatori è quindi come un tentennamento memoriale, un avvicinarsi a una fase cruciale quanto dolorosa dell’esistenza sia dell’autore, sia dell’io narrante. Se vista in quest’ottica, la trilogia prosegue con un distacco netto dal presente nel romanzo seguente, Puttaneggiar coi regi, che sarà il punto focale della mia analisi. Qui non vi è più alcun appiglio (auto-) biografico, ma ad esso se ne sostituisce un altro, quello letterario, costituito da un modello fin troppo palese, Gli occhiali d’oro. In Conversazioni con il silenzio, infine, i riferimenti si moltiplicheranno, perdendo tuttavia di importanza come falserighe, di modo che questo romanzo rappresenti di fatto un’opera autonoma, l’allontanamento più arduo di Rossi dal presente, e insieme l’opera più convenzionalmente rossiana: qui l’autore ha ricollocato il suo mondo romanzesco in un panorama storico definito da un lato dalla Storia, e dall’altro dalla memoria personale. Per un versante, il meccanismo di riscrittura rossiana si pasce di varie opere, che siano letterarie o cinematografiche, come vedremo; dall’altro, la stessa autobiografia può essere vista come materiale di riscrittura. Non è un caso che l’opera a più denso contenuto memoriale, Gli spettatori dimenticati, ruoti intorno alle esperienze di un bambino ebreo nella Ferrara delle leggi razziali, un bambino in cui senza fatica possiamo riconoscere il Rossi giovane. Benché a Puttaneggiar coi regi sia fin troppo facile attribuire l’etichetta di «bassaniano», è Gli spettatori ad essere più intrinsecamente tale: se si confronta con Dietro la porta, ad esempio, emergono notevoli tratti comuni, tra cui l’insistere sui ritorni della memoria, la visione scorciata del mondo attraverso gli occhi della gioventù, e l’introspezione in un’adolescenza tormentata. Puttaneggiar coi regi è un’opera autonoma, che vuole essere tale proprio perché messa a confronto con il ben più celebre romanzo bassaniano, e nondimeno è una riscrittura di questo romanzo: ciò è innegabile. ‘Riscrivere’ Gli occhiali d’oro vuol dire misurarsi con un antecedente celebre, riformulare una biografia - quella del medico omossessuale Arturo Mattozzi - che era stata alla base dell’opera di Bassani, e al contempo dichiarare la propria autonomia autoriale. Tale autonomia viene rivendicata da Rossi ricollocando il materiale bassaniano in un contesto popolareggiante, lontano Italienisch_80.indb 57 01.03.19 12: 09 5 8 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger dai salotti borghesi frequentati dal più famoso cugino, un ricollocamento che assume le forme di un volere di appropriazione più forte, per mezzo di un sistematico abbassamento di registro e situazioni. Entrambi gli autori riflettono sui paralleli che si possono tracciare tra l’emarginazione degli ebrei e quella degli omosessuali, ma Rossi persegue il suo realismo popolareggiante per avvicinare la parabola dello sfortunato medico omosessuale al suo orizzonte memoriale, popolare appunto, e fa del suo personaggio una figura ambigua, estranea apparentemente a tutto, eppure smaniosa di entrare in contatto con il mondo ‘basso’, che promette una comunione sensuale con il prossimo, l’antidoto all’emarginazione borghese. Proprio il continuo dialogo tra le due opere costituisce il punto centrale di questo saggio, che si propone di indagare ciò che le due opere hanno di più visceralmente in comune, vale a dire la figurazione del personaggio atipico, isolato ed escluso, in un contesto di oppressione borghese e fascista. È evidente, in entrambi, come la connivenza col fascismo della città di provincia emiliana costituisca uno shock, il tradimento di un ambiente considerato amico, perfino familiare, che si rivolta contro l’io e lo costringe ai margini, perfino alla fuga. Entrambi gli autori dovettero, nella loro giovinezza, abbandonare la Ferrara delle leggi razziali, e in entrambi i romanzi si può ancora rivedere il trauma incancellabile del rifiuto, della condanna all’alterità intrinseca alla loro stessa umanità. È come se il romanzo di Rossi, poi, cerchi di colmare il vuoto lasciato da Bassani, quella dimensione interiore che ne Gli Occhiali d’oro è soltanto intuita dalla prospettiva esterna che il romanzo adotta - senza dubbio per acuire ancor di più la dimensione di vittima del protagonista. Nello studio delle opere di Giorgio Bassani è divenuto del resto di primaria importanza proprio l’aspetto della prospettiva, dello sguardo, al limite anche in rapporto con le arti visive e il cinema, due ambiti fondamentali anche per la comprensione della produzione di Gianfranco Rossi, del resto. 5 Le due opere sono perciò in certa misura complementari, e nella presente disamina questo aspetto risulterà di primaria importanza. Propongo una breve sinossi di Puttaneggiar coi regi, per facilitare un confronto col ben più celebre modello bassaniano. L’incipit coincide con l’arrivo a Ferrara del giovane Abdon Abbadessa, poco dopo la fine della 5 Si vedano, a titolo d’esempio, Anna Dolfi, «‘Ut pictura’. Bassani e l’immagine dipinta», in: Ritorno al «Giardino»: Una giornata di studi per Giorgio Bassani, a cura di Ead. e Gianni Venturi, Roma: Bulzoni 2006, pp. 143-155; Gianni Venturi, «Le tecniche del vedere nell’opera di Giorgio Bassani», in: Poscritto a Giorgio Bassani. Saggi in memoria del decimo anniversario della morte, a cura di Roberta Antognini e Rodica Diaconescu-Blumenfeld, Milano: LED 2012, pp. 477-498; Id., «Giorgio Bassani e l’ermeneutica del vedere. Nuove ipotesi», in: Letteratura & Arte, VIII, 2010, pp. 25-283. Italienisch_80.indb 58 01.03.19 12: 09 59 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi prima guerra mondiale. Il dottore si installa dapprima in un modesto locale nei pressi del Ghetto ebraico, in via Scienze, ma poi, con il ritorno postbellico alla normalità, incrementa a tal punto il proprio giro di affari da poter trasferirsi in locali più ampi e lussuosi, in un palazzo liberty di via Gorgadello (l’attuale via Adelardi). La società ferrarese ha intanto iniziato a domandarsi quale sia la provenienza del capace e presto popolare medico, e iniziano a circolare voci, in particolare intorno a un seminarista, conosciuto da Abbadessa a Ferrara, in gioventù, e diventato da allora l’oggetto del suo desiderio, e il motivo del suo trasferimento nella città emiliana. Diversi anni dopo l’arrivo del dottore, questi conosce casualmente un ballerino di tango che si esibisce al teatro Verdi, e intrattiene con lui un unico rapporto fisico, che rimarrà tuttavia sempre presente nelle fantasticherie del dottore. L’«ansia giovanile di fare del sesso trasgressivo ed appagante» viene risvegliata da questo incontro. Un moto nostalgico spinge il dottore a fare un’escursione a Viserba, luogo di villeggiatura giovanile, e qui assiste al bagno di tre giovani, uno dei quali, accortosi di essere spiato, si esibisce in una sensuale dimostrazione della sua nudità, che spinge Abbadessa a un atto di autoerotismo. Tornato a Ferrara con l’intento di soddisfare finalmente le sue voglie sessuali represse per tanti anni, il dottore si abbandona a una frenetica ricerca dell’appagamento fisico, tanto da attirare i rimproveri del suo vicino di casa, il potente gerarca fascista Bocchimpani, che gli consiglia maggior discrezione. Tra gli altri occasionali amanti di Abbadessa, un certo spazio viene concesso all’affaire con un «barbiere pittore», senza dubbio maschera dell’artista Giorgio De Vincenzi. Le leggi razziali hanno intanto avuto i primi effetti nefasti sulla città, e la guerra incipiente l’ha svuotata di buona parte della popolazione. All’ennesima «trasgressione» di Abbadessa, Bocchimpani decide di ricattarlo, offrendo la sua protezione presso le autorità fasciste, in cambio di poter usare la sua abitazione come magazzino per gli oggetti di valore requisiti a famiglie ebraiche e a dissidenti. Abbadessa, impaurito, accetta. Dopo un ennesimo salto temporale siamo all’estate del ’45, a guerra finita. Il dottore decide di ritornare a Macerata, per tentare di fuggire da una Ferrara di cui non si sente più protagonista, nel bene e nel male. Questa decisione richiama alla mente un ricordo, le vicende legate alla presenza nella città della troupe che sta girando Ossessione di Visconti. Deluso dalla visita maceratese e dai sentimenti causati dal rivedere il suo luogo natìo, ritorna alla città d’adozione. Abbadessa ha ancora gli averi confiscati in casa, ma Bocchimpani, anche lui ora intimorito da possibili rappresaglie, si finge ignaro di tutto. Un giorno un gruppo non identificato di uomini penetra in casa di Abbadessa e lo preleva. Ormai rassegnato a morire, i ricordi del dottore lo portano al 16 novembre del 1943, il giorno dopo l’eccidio fascista compiuto davanti al Castello quella notte; durante la visita a un Italienisch_80.indb 59 01.03.19 12: 09 6 0 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger facoltoso paziente, scorgendo una signora ebrea in evidente pericolo per i rastrellamenti dei repubblichini, la riporta alla stazione, dove un treno la condurrà in salvo. L’ultimo capitolo - e siamo ormai nella contemporaneità degli anni Novanta - tratta degli avvistamenti del «fantasma» del dottor Abbadessa durante un violento temporale. Sia per Bassani sia per Rossi il punto di partenza, lo spunto nella vita reale, non può che essere quel dottor Arturo Mattozzi, otorinolaringoiatra, che aveva l’ambulatorio in via Gorgadello, proprio di fianco alla Cattedrale ferrarese; non originario di Ferrara, si era trasferito in città e aveva lentamente scalato le gerarchie sociali. Anche le voci sulla sua omosessualità trovano riscontro nella Ferrara degli anni ’30-’40, voci che si divisero sulle sorti del dottore quando risultò evidente la sua sparizione, verso la fine della guerra. 6 A differenza di Bassani, Rossi si accosta in maniera più diretta alla parabola dell’esistenza reale del dottor Mattozzi, almeno per quanto riguarda i due punti fermi della sua biografia, come percepita dagli abitanti di Ferrara: il suo arrivo nella città, e la sua scomparsa. Fadigati, il protagonista di Bassani, aveva origini veneziane, mentre Abbadessa proviene, come Mattozzi, da Macerata, e giunge a Ferrara nello stesso anno, mentre Bassani faceva comparire Fadigati alcuni anni dopo. La rimodulazione del nome di battesimo «Athos», segno di laicità e grecità al contempo, in un «Abdon», che risponde non soltanto alla costante nominazione bizzarra di Rossi ma anche, e più profondamente, a un richiamo all’ebraismo e, al contempo, alla storia popolare della Ferrara degli anni ’30 e ’40, 7 risulta essere a questo punto il primo significativo scarto dal modello letterario bassaniano. Strategie di Abbassamento in Puttaneggiar coi regi In Occhiali d’oro il corpo del dottore, probabilmente suicida, viene ritrovato nel Po - ma la stringatezza dell’informazione offre anche la possibilità di una morte violenta -, mentre Abbadessa subisce la fine che si può presumere sia 6 Nella prefazione a Puttaneggiar coi regi, op. cit., Lucio Scardino dà conto dell’«indagine» svolta dallo stesso Scardino e Rossi per ricostruire l’esistenza del dottor Mattozzi. 7 A fianco del veterotestamentario giudice Abdon, non può non affascinare l’ipotesi di un riferimento all’omonimo martire paleocristiano. Tuttavia, più di un punto fa sembrare plausibile l’ipotesi di un riferimento al calciatore Abdon Sgarbi. Nativo di Bondeno, vicino a Ferrara, militò a lungo nella società calcistica estense SPAL, negli anni Venti, per giunta: l’accurato lavoro di documentazione che Rossi intraprese per la stesura di questo romanzo molto probabilmente gli fece incontrare questo nome. L’ultimo particolare, per nulla secondario, è che Sgarbi morì proprio a Viserba, località scelta come sfondo della ‘conversione alla sensualità’ di Abbadessa. Italienisch_80.indb 60 01.03.19 12: 09 61 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi capitata allo stesso Mattozzi, vale a dire una rappresaglia di un gruppetto di uomini non meglio identificati, forse partigiani, forse banditi. Tra questi due cardini dell’esistenza ferrarese del dottore Rossi si discosta ancora una volta sensibilmente dal suo modello. Come sappiamo, Bassani fa congiungere il dottore con l’io narrante, prima, più alla lontana, nel periodo dei viaggi a Bologna col treno, e poi, più strettamente, a partire dalla villeggiatura scandalosa di Fadigati, quando si instaura una sorta di amicizia basata sulla solidarietà reciproca tra i due. La sorte degli ebrei ferraresi si lega così a quella degli omosessuali, categorie emarginate per eccellenza, specialmente nella fase «repubblichina» della città. Il rapporto tra l’«io» e Fadigati si rinsalda, sebbene brevemente, proprio in virtù della reciproca solidarietà nei confronti degli esclusi. Rossi scioglie questo binomio ebraismo-omosessualità, spoglia Abbadessa di quell’aspetto civile e solidale che aveva caratterizzato Fadigati. Il dottore rossiano osserva sì con qualche moto di malinconia la chiusura del negozio di pellami del «nonno», personaggio di spicco ne Gli spettatori dimenticati, ma rimane tuttavia estraneo ai successivi rastrellamenti di ebrei ferraresi. Spicca allora tanto di più la reminiscenza, in punto di morte, dell’episodio della signora ebrea, riportata al treno da Abbadessa per sfuggire la recrudescenza della violenza fascista dopo l’eccidio di via Roma. L’episodio ci appare come momentaneo eroismo, come scatto civile e isolato di una persona prima estranea e poi inorridita dalla ferocia insensata dei fascisti. Evocato poco prima dell’esecuzione, questo episodio risulta tuttavia più efficace per ribadire, così a stretto contatto con la morte violenta del protagonista, l’orrore per ogni sorta di atto crudele esercitato senza motivo, se non quello dell’odio. L’azione di gruppo dei repubblichini trova il suo controcanto nell’azione, altrettanto insensata, del manipolo di esecutori di Abbadessa. La solidarietà che Abbadessa manifesta nei confronti della madre ebrea salvata dalla rappresaglia fascista non ha quell’unità di rappresentazione così evidente in Occhiali d’oro. Qui l’amicizia tra il protagonista e l’io narrante si mostra come emblema di solidarietà universale, scevra di quell’ipocrisia che caratterizza invece Nino Bottecchiari. In Puttaneggiar l’eroismo di Abbadessa ha tinte ridicole, il travestimento della signora mostra tutta la sua inanità, causato com’è dall’irrazionalità del dottore, eppure proprio in questa scena Rossi riesce in una rappresentazione quantomai verosimile di cosa sia l’eroismo per chi lo vive come un sorgere inaspettato e inspiegabile di una necessità. Per chi l’eroismo è come un improvviso acuto in una vita dedicata all’ipocrisia - voluta o meno - prevale l’affanno nelle imperative e tempestive decisioni da prendere, e ne consegue dunque una certa goffaggine. In Bassani l’eroismo, imbrigliato com’è il personaggio nella percezione sociale di sé, non potrà che assumere appunto tinte sociali, dunque di sfida Italienisch_80.indb 61 01.03.19 12: 09 62 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger alla borghesia ferrarese, con la palese e scandalosa relazione di Fadigati con Deliliers. La rappresentazione solo per sguardo esteriore del protagonista offrirebbe in questo senso un’impasse per chi, come Rossi, intende presentare anche solo un episodio, in una vita di vigliaccheria (auto-)imposta, di eroismo. La prima sezione del romanzo, che si conclude con l’incontro di Abbadessa con il ballerino di tango, con cui intratterrà la sua prima relazione clandestina a Ferrara, può essere considerata un lungo commiato dalla tecnica narrativa bassaniana adottata ne Gli occhiali d’oro. In questa sezione in effetti il personaggio del dottore si staglia davanti al lettore grazie alla figurazione esteriore che la società provinciale ferrarese compie tramite il pettegolezzo, ancora alquanto bonario. Soltanto à rebours, nei capitoli conclusivi, noteremo che Rossi ha frammischiato osservazioni esteriori con ricordi che appartengono soltanto al dottore stesso, senza peraltro sciogliere del tutto questa ambiguità tra maldicenza ed esperienza memoriale privata. Tre esponenti dello strato sociale popolare di Ferrara sono i primi testimoni dell’arrivo del dottore, tra cui un «rottamaio» avrà un ruolo decisivo nel gioco figurale rossiano, come vedremo. Con un ‘movimento di macchina’ davvero cinematografico - e il rapporto col cinema sarà oggetto di analisi in seguito - da questo gruppo si passa all’inquadratura del dottore, che così entra di fatto a far parte dei personaggi di cui Ferrara ama parlare e su cui costruisce la propria personale mitologia. Il personaggio di Fadigati è legato allo strato della società ferrarese che potremmo considerare medio-alto borghese, e in queste sfere si muove costantemente. Abbadessa, d’altro canto, non ha pressoché alcun contatto con questo mondo, e il personaggio risulta di fatto ‘svilito’ da questa ricollocazione sociale. Anche nella geografia ferrarese, i due personaggi si distinguono radicalmente. Fadigati è a dire il vero poco collocabile, avendo come unico punto fermo lo studio di via Gorgadello; Abbadessa ha il medesimo punto fermo, ma predilige la zona del Ghetto e le strade circonvicine, oltre alle zone dell’Acquedotto e del Montagnone. Tali zone si possono a buon diritto considerare popolari, e in ogni caso non frequentate dallo strato sociale che in Occhiali d’oro è così ben rappresentato. Qui si manifesta la complementarità delle due opere: concentrato com’è sulla descrizione dei meccanismi di creazione di un personaggio urbano, Bassani non può che limitarsi a quanto la Ferrara alto-borghese «vede», e cioè i luoghi rappresentativi del suo strato sociale che Fadigati, come membro di un certo prestigio, frequenta; Rossi, che ha la libertà di seguire Abbadessa nelle sue «passeggiate» che fanno mormorare i ferraresi, si addentra nelle zone nascoste dove il protagonista è alla ricerca di incontri amorosi casuali. Tali luoghi devono essere dunque celati alla borghesia, per evitare possibili scandali. La zona del Italienisch_80.indb 62 01.03.19 12: 09 6 3 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Ghetto, tuttavia, rappresenta per Rossi il luogo della sua gioventù, prima, durante e dopo le leggi razziali, e quello dell’amaro ritorno, dopo la parentesi in Svizzera, negli anni della guerra, e infine quello della vecchiaia. È la zona in cui gli altri due romanzi della cosiddetta «trilogia ferrarese» sono prevalentemente ambientati, per l’autore davvero un paesaggio affettivo e memoriale insieme. L’abbassamento geografico, come conseguenza di quello sociale, causa l’‘equilibrismo’ di Abbadessa, «…sempre su e giù lungo la via Mazzini, senza inoltrarsi nelle strade strette e come segretamente complici di un mistero indecifrabile, senza affrontare la piazza, il listone, la passeggiata elegante.» 8 Via Mazzini sembra essere la strada ‘di confine’, aperta alla nobiltà come al sordido, e fulcro del Ghetto, con la sinagoga. Come abbiamo visto, l’evoluzione del personaggio gli fa abbandonare questa strada di confine, per immergersi nella sensualità dei luoghi popolari. L’abbassamento, non più soltanto geografico, ma inteso come strategia che innerva tutta l’operazione di riscrittura rossiana, investe innanzitutto il personaggio stesso di Abbadessa, rispetto a quello di Fadigati. Quest’ultimo appare quasi come arbiter elegantiae in una Ferrara compiacente e compiaciuta di avere una simile figura tra i propri concittadini. Abbadessa d’altro canto è goffo nei modi e nell’aspetto - esemplare è il particolare dei knickerbockers indossati dal dottore, eminentemente adolescenziali -, il suo infantilismo comportamentale è un’evidente evoluzione rispetto al personaggio bassaniano: «Costui [il commesso della cartoleria-profumeria], mentre lo serviva di materiale che, sebbene più adatto ad un alunno delle elementari che a un medico, lui acquistava con regolare, diligente frequenza…» 9 Anche il suo risveglio della sensualità più bassa può essere inteso in questo senso: «…compiaciuto alla maniera di un bambino che viene calato, per caso e imprevedibilmente, nel mondo degli adulti rotti alla corruzione, alla spudoratezza, alla scurrilità usata con irrisoria ostentazione…» 10 8 p. 26. 9 p. 30. 10 p. 36. Italienisch_80.indb 63 01.03.19 12: 09 6 4 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger La volontà di ritornare a Viserba è causata dal desiderio di rivivere sensazioni adolescenziali di sensualità appena abbozzata. È come se la villeggiatura dell’io narrante di Occhiali, vissuta come spettatore della storia d’amore infelice di Fadigati, andasse reinterpretata, colmata delle esperienze giovanili di Abbadessa, in fondo mai sopite. In entrambi i romanzi la parentesi «marina» rappresenta il punto di svolta nella percezione del dottore agli occhi della città. In Bassani, la scandalosa villeggiatura con Deliliers dà il via a un brusco cambiamento di rotta della maldicenza cittadina: prima, sebbene nel pettegolezzo le tendenze sessuali di Fadigati avessero già avuto un giudizio inappellabile, la discrezione riguardo all’esternazione delle proprie preferenze aveva favorito uno sguardo bonario della società ferrarese: è la manifestazione della «devianza» a stravolgere questo sguardo in un impietoso giudizio morale, rappresentato dalla signora Lavezzoli. In Rossi, la contemplazione dei tre giovani nudi di Viserba scatena nel protagonista la «voglia di vivere», che si materializza nel sempre più audace comportamento di Abbadessa, che inizia, dopo il ritorno a Ferrara, a frequentare luoghi viepiù ambigui, attirando l’attenzione, non per ultimo, di Bocchimpani, che decide dunque di rimproverarlo per la «sfacciataggine». Così immerso nell’interiorità del personaggio, Rossi indaga un’altra ambiguità, quella del ruolo del protagonista come «personaggio» ferrarese: «…chiacchiere o non chiacchiere, Ferrara si abituava facilmente ai suoi personaggi, pur di poterne parlare un po’ dovunque, pur di calamitarli per farne, un giorno o l’altro, pagine di storia.» 11 La figura di Bocchimpani risulta molto più leggibile proprio alla luce dell’infantilizzazione e dell’abbassamento più generale che il personaggio di Abbadessa subisce, e del ruolo che il gerarca assume come portavoce dei sentimenti di Ferrara nei confronti del protagonista. Rappresentante di spicco del fascismo locale, ma soprattutto della borghesia ferrarese in toto, e tuttavia amico di Abbadessa, rappresenta l’unico legame personale del protagonista con la società ferrarese. È dunque emblematico che la stessa doppia forza di repulsione-attrazione che esercita Ferrara sul dottore si ripresenti, seppur declinata diversamente, nel rapporto di questi con il gerarca. Chiariamo: Abbadessa, dopo che Bocchimpani - dichiarandosi ben cosciente del suo essere omosessuale - lo ammonisce di tenere più nascoste le sue inclinazioni, per non dar adito alla maldicenza dei concittadini, prova disgusto per i modi melliflui e al contempo minacciosi del vicino. La repulsione-attrazione si 11 p. 25. Italienisch_80.indb 64 01.03.19 12: 09 6 5 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi esterna dunque nello stesso personaggio di Bocchimpani, che incarna l’ottusa celebrazione del fascismo «virile», ma è tuttavia legato al dottore da una sincera amicizia, sebbene venata di paternalismo nei confronti del «deviato» vicino di casa. È rappresentante di quel «machismo» fascista che trova in un personaggio di Bassani un antecedente importante, «Sciagura» in Una notte del ’43. Questi, anche lui gerarca influente nella Ferrara in guerra, ha nei confronti di un personaggio debole, il farmacista Barillari, un rapporto di superiorità, in cui la supposta e comunque sonoramente dichiarata maggiore virilità del primo intimidisce il secondo, come nella scena, raccontata dallo stesso Sciagura, della loro visita al bordello bolognese. Bocchimpani, con la sua percezione piegata dal più ortodosso e classistico fascismo, offre un’interpretazione del ruolo di Abbadessa nella società ferrarese, specificamente in quanto vittima della maldicenza popolare: «‘Vede dottore… la città brulica di impiegati e operai, artigiani e piccoli negozianti, per non dire di peggio. Lo chiamano il proletariato, lei lo sa, sono i nemici della patria, il pericolo per le sorti della nazione. In realtà è una plebaglia famelica, avida di scandali, di maldicenze, ma soprattutto di sputtanare […] chi non la pensa in un certo modo, chi non vive nella fede e nell’obbedienza […].’ Bocchimpani proseguì con la citazione che gli premeva: ‘Puttaneggiar coi regi’, scandì e poi: ‘questa gente, […] questa plebe non ha difficoltà a… […] per loro il dottor Abbadessa, ripeto il dottor Abbadessa’, accompagnò le parole con un gesto della mano che significava accondiscendenza, conoscenza, competenza: ‘è una preda appetibile, un rege da usare, da detronizzare magari, da…’» 12 La reticenza rossiana - espressa con i frequenti punti di sospensione - investe anche il gerarca, non abituato di certo alla diplomazia nelle sue dichiarazioni, eppure ‘costretto’ ad avvertire l’influente amico dei pericoli derivati da un comportamento troppo palesemente peccaminoso. La citazione dantesca è del resto un maldestro tentativo di pareggiare il livello culturale ‘borghese’ dello spaventato interlocutore. L’Alighieri, nel canto XIX, alludeva con questo verso alla Roma papale collusa con i potentati mondani, 13 ma è come se qui assistessimo a un’interpretazione e contrario della vicenda del dottore, che muore proprio perché connivente col fascismo borghese e prepotente, e trova d’altro canto nelle classi popolari la tanto desiderata familiarità ed accoglienza, per quanto fugaci. Il «puttaneggiare» è sempre consi- 12 pp. 68-69. 13 Inf., XIX, 108. Italienisch_80.indb 65 01.03.19 12: 09 66 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger derato da Abbadessa come un’azione che compie, non che subisce, e in ciò si vede tutta l’erroneità dell’interpetazione di Bocchimpani. Come abbiamo visto, questo romanzo non può essere letto se non rivolgendo lo sguardo al modello bassaniano, e forse in quest’ottica la posizione del dottore che «puttaneggia» assume una duplice valenza. Da una certa prospettiva, la posizione di equilibrio tra borghesia e classi popolari del dottore può essere vista come una reazione, uno scarto da Gli occhiali d’oro, e in quest’ottica i «regi» con cui puttaneggiare sarebbero i rappresentanti degli strati sociali più alti, a cui Abbadessa sempre aspira, geloso della sua eccentricità, della sua alterità, che lo rendono appetibile proprio ai personaggi come Bocchimpani. Una seconda ipotesi sembra tuttavia affiorare, che ha meno a che fare con la vicenda del dottore, e più con quella del Rossi scrittore e riscrittore. Se l’abbassamento sopraccitato fa davvero parte di una strategia narrativa compiuta, si potrebbe considerare lo stesso Rossi come colui che, abbassando in tutti i sensi il suo protagonista e la sua opera, aspira artificialmente a «puttaneggiare» col suo più nobile, più celebre e forse anche considerato qualitativamente superiore modello, Gli occhiali d’oro, appunto. La riscrittura, più che essere esclusivamente una reazione a un modello, sarebbe allora anche una professione di umiltà, ma non deferente, bensì orgogliosa e non distinguibile da quella di ‘realismo’ che si concretizza solo nell’ambiguità di Abbadessa rispetto a un Fadigati troppo vittima per essere partecipe della colpa storica che il dottore rossiano invece assume pienamente. Vedere ed essere visti: Abbadessa voyeur e personaggio ferrarese La geografia bassaniana ne Gli Occhiali d’oro è definibile in tre punti: dapprima Ferrara, centro di attrazione dell’intero romanzo; poi Bologna, luogo dove si ha il primo contatto tra l’io narrante e il protagonista; infine Riccione dove, dopo la fine della relazione scandalosa con Deliliers, Fadigati stringe un rapporto di amicizia con il narratore. È vero, la città estense si estende, attraverso i suoi cittadini, in queste propaggini, che non sembrano quindi mai poter dare fiato ai giudizi della società ferrarese, eppure siamo ben lontani dall’impianto rossiano. Le due fughe di Abbadessa, prima a Viserba, poi a Macerata, rappresentano uno stacco dalla città amata-odiata, e l’introspezione indaga proprio queste, seppur temporanee, rotture, alla luce dell’ambiguità che pervade tutta l’opera: «…Abbadessa ritrovava la quiete, gettandosi nei suoni, nei colori, nell’esistenza di Ferrara, la città dalla quale, sempre, s’era sentito protetto e assediato, minacciato e salvato.» 14 14 p. 44. Italienisch_80.indb 66 01.03.19 12: 09 67 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Il personaggio dello Spagnolo, in Conversazioni con il silenzio, subisce la stessa forza di attrazione-repulsione, che rendono il temporaneo distacco da Ferrara liberatorio e doloroso insieme, e allargando ancora lo sguardo, la fuga da una vita, simbolicamente rappresentata da una città, è l’obiettivo di molti personaggi rossiani nelle ultime opere, dove i protagonisti sono autori, chi più chi meno, di «fughe» da una realtà considerata opprimente, in cui i desideri più nascosti, sensuali, al limite perfino dell’incesto, sono costantemente frustrati. Piani di fuga costellano del resto l’intera parabola di Abbadessa, e perfino l’arrivo a Ferrara può essere visto come un tentativo estremo di ritrovare un luogo sicuro, una nuova dimora materna dopo il fallimento della prima, a Macerata. Nei primi tre capitoli, che potremmo definire introduttivi, il punto di vista è ancora rifratto, per la maggior parte a vantaggio della società ferrarese, mentre a partire dal quarto il narratore raccoglie finalmente per intero l’ottica che sarà poi dominante, quella di Abbadessa. È come se Rossi volesse, con i primi capitoli, accomiatarsi dal modello bassaniano, sinfonico, per abbracciare la monodia dei capitoli successivi. Si veda a questo proposito il già citato incipit: «Il rottamaio di Piazza Travaglio, il grasso mediatore che masticava distrattamente il sigaro prima di accenderlo, il noto strozzino sempre pensieroso, perduto in una sua illusione di ricchezze da accumulare, simultaneamente si volsero, come catturati da un identico raptus di curiosità, verso la porta d’ingresso della trattoria [...] D’improvviso però, e come ipnotizzati. Sul vano della porta, incorniciato dal vetro che il calore interno appannava, era apparso un signore dall’aria distinta che contrastava con l’ambiente e la sguaiata fretta.» 15 Questo già citato «movimento di macchina» è soltanto il primo esempio di questa rifrazione dello sguardo, la cui somma tuttavia non arriva a misurare accuratamente la dimensione interiore del dottore, e anzi fraintende molto della sua natura, in attesa di quanto verrà in seguito. Non è nemmeno un caso, dopo i vaghi accenni a passati invaghimenti omoerotici, che nel quarto capitolo avvenga l’incontro con il ballerino di tango che influenzerà la vita successiva del dottore. Ricordiamoci che nell’opera bassaniana l’unica relazione sviluppata dall’autore è quella di Fadigati e Deliliers, di cui però, inevitabilmente, l’autore non può far altro che omettere le prime fasi di approccio, relegate nel segreto irraggiungibile dallo sguardo collettivo che ancora domina ne Gli Occhiali d’oro. 15 p. 17. Italienisch_80.indb 67 01.03.19 12: 09 6 8 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger Questo sguardo collettivo in Bassani aveva già tutti i tratti del voyeurismo più molesto, incarnato dall’avvocatessa, che spia Fadigati e Deliliers e tiene al corrente la sua compagnia di amici e conoscenti. Ciò che Rossi aggiunge a questo impianto di prospettiva esteriore è la risposta del protagonista, a sua volta intento a «spiare» la società ferrarese, e a captarne il favore o lo sfavore nei suoi confronti. Come in molti personaggi rossiani, come ad esempio il protagonista de I sogni ricorrenti di Biagio Balestrieri, la loro passività conduce a quello status di osservatori della «vita degli altri», 16 e Abbadessa, nelle sue passeggiate per la città, ricopre proprio questo ruolo. 17 Nell’episodio ‘joyciano’ della masturbazione voyeuristica di Viserba poi il dottore è voyeur nel senso più sensualmente connotato del termine, utilizza il suo sguardo indiscreto per l’appagamento sessuale. Del resto il voyeurismo indiscreto in qualche misura colpisce anche lo stesso autore, che indaga un’esistenza in fin dei conti reale, quella di Mattozzi, ma irrimediabilmente perduta, riempiendo un contenitore scarno, fatto di eventi di cronaca e pettegolezzi ormai morenti, con una vita tormentata e innervata di languori e desideri morbosi. Il punto di vista interiore di Abbadessa, quello che lo allontana notevolmente dal modello bassaniano, permette all’autore di concentrarsi sull’aspetto della vista. Un romanzo come quello di Bassani, così insistente nel descrivere lo sguardo degli altri rivolto alla vittima Fadigati, e il suo corrispondente ideale, gli ebrei, trova in Puttaneggiar coi regi il suo sistematico controcanto. Rossi intende istituire un incrocio di sguardi, ossessivo e indiscreto, dalla società ad Abbadessa, furtivo ma almeno altrettanto ossessivo nella direzione opposta. Gli stessi occhiali d’oro, che in Bassani ricoprivano la funzione di distinguere il dottore dal resto del mondo, assumono per Rossi un ruolo figurale altrettanto importante. Sono al contempo, e come in Bassani, un segnale di riconoscimento, elegante e fatuo insieme, manifesto dell’alterità di Fadigati- Abbadessa, e d’altro canto il filtro attraverso cui il dottore rossiano vede, sebbene la sua vista ne risulti turbata e distorta. La comparsa spettrale di una ragazza vestita poveramente, ma con in testa un cappello di una contrastante coquetterie 18 è l’unico riferimento al passato maceratese del dottore. Abbadessa ha ormai la casa stipata di oggetti confiscati, quando un ulteriore pezzo si aggiunge al magazzino, una lorgnette d’oro, dono appunto della misteriosa ragazza. Il dottore balbetta «Perché… a casa, a Macerata, adesso…», e sarà 16 I sogni ricorrenti di Biagio Balestrieri, p. 41. 17 Cfr. p. 36 per lo «spiare» di Abbadessa e «Era riposante starsene in casa a spiare quello che facevano […] gli altri.», ne I sogni ricorrenti di Biagio Balestrieri, p. 14. 18 Il contrasto tra abbigliamento povero e copricapo sgargiante sarà anche il tratto distintivo della ragazza ebrea protagonista di uno dei filoni che si intersecano nel romanzo successivo di Rossi, Conversazioni con il silenzio. Italienisch_80.indb 68 01.03.19 12: 09 6 9 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi l’unico scambio di parole di tutto l’episodio. Al lettore non è dato sapere quale collegamento esista tra questo prezioso oggetto e il passato nebuloso di Abbadessa, e le ipotesi di conseguenza si moltiplicano. Un tale accessorio femminile e antiquato potrebbe essere un riferimento alla madre del protagonista, forse deceduta; ma l’esercizio è ozioso. Ciò che importa è la figurazione di una gioventù lontana, il parallelismo con gli occhiali del dottore adulto. L’ipotesi è che la distorsione della vista, la barriera visiva e distintiva al contempo, sia fondamentalmente onnipresente per Abbadessa, che del resto usa gli occhiali, in questo episodio, per celare qualche lacrima di commozione. Pochi istanti prima di morire, ormai abbandonato alla passività della vittima, l’ultimo pensiero è rivolto proprio alla lorgnette: «…e provò a pensare al dolore, alla sua avventura, alla delusione per la conclusione di una storia incompiuta, alla lorgnette che… Già. La lorgnette, nell’astuccio di pelle, in un cassetto. La lorgnette, montata in oro, come gli occhiali, E gli venne da sorridere e da piangere, in una sola volta.» 19 Non sarà un caso che la lorgnette, come accessorio da teatro, sia uno strumento da voyeur, rappresenti la proiezione dello sguardo verso l’esterno, e neppure è casuale che si tratti del secondo e ultimo dono spontaneo che il dottore riceve, insieme alla statua in gesso, come vedremo. L’ambiguità che Abbadessa non può scuotersi di dosso, insieme spia e vittima di innumerevoli occhi che spiano, ricopre anche l’ultima azione, dove il riso e il pianto si frammischiano. Non va poi dimenticato il ruolo preminente che ha la vista per il voyeur Abbadessa come unica àncora di salvezza, l’unico punto di contatto con l’oggetto del desiderio vagheggiato. Essere privati anche di quella sarebbe la condanna più atroce per il protagonista. Le rare parole di Fadigati pronunciate nel corso della narrazione si rispecchiano nel quasi perenne mutismo di Abbadessa, ed entrambi parlano spesso solo per rispondere a chi - la moglie dell’avvocato Lavezzoli da un lato, Bocchimpani dall’altro - li confronta con la realtà innegabile, l’omosessualità appunto, che entrambi così ostinatamente vogliono tacere, sebbene coscienti della fama che ormai li circonda. La negazione della possibilità di parlare fa rivestire alla vista un’importanza comunicativa ancora maggiore. Eppure, in punto di morte, la cecità è quanto Abbadessa si rimprovera di più, lui che 19 p. 115. Italienisch_80.indb 69 01.03.19 12: 09 70 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger «aveva vissuto la tragedia del mondo tenendo gli occhi chiusi […], pur di vivere la propria vita, guardandola dietro lo schermo delle lenti, difeso dagli inseparabili occhiali.» 20 Al momento dell’«arresto» di Abbadessa da parte del gruppo di criminali, il protagonista presagisce la sciagura, e volontariamente si vela gli occhi, per non dover assistere al dramma personale, e lungamente preconizzato, che sta per compiersi: «Tolse gli occhiali per non vedere, li appoggiò su un tavolo, una mensola. Si coperse gli occhi, in cerca di una totale cecità, aperse la porta.» 21 La cecità di Abbadessa, almeno in una particolare chiave di lettura, avrà una connotazione ben specifica: «A Ferrara, come dovunque del resto, il passato è storia da raccontare per sottolinearne la vergogna. Abbadessa non lo afferra; per lui il passato, deformato dal filtro di lenti che favoriscono, metaforicamente, l’opacità, è questa città che ama e che gli è stata complice, dove ha potuto divertirsi e innamorarsi, illanguidirsi e puttaneggiare…» 22 Si tratta della cecità nei confronti della Storia, quella vergognosa e passiva, che ha accettato la crudeltà e l’oppressione più disumane con complicità, al solo scopo di continuare a soddisfare i più bassi istinti. In questo senso la colpa di Abbadessa è la colpa della città tutta, e questa non farà altro che trovare il capro espiatorio proprio nella figura del dottore. Il clima postbellico, ilare più per necessità storica che per effettivo sollievo, si dimostra ostile nei confronti del protagonista, colpevole forse soltanto di aver rappresentato una Ferrara ipocrita, ciecamente rivolta verso la soddisfazione dei propri istinti per poter ignorare la tragedia che si dipanava lenta e sicura davanti agli occhi di tutti. A riguardo ancora una volta è Bocchimpani a riassumere questi tratti, un Bocchimpani invaghito della «libertà» ritrovata, spogliato di ogni riferimento al suo passato e al suo intransigente fascismo, eppure omertoso ancora una volta, senonché ora la sua omertà colpisce Abbadessa invece di favorirlo. Possiamo misurare lo scarto dalla vicenda bassaniana, dove il protagonista si suicida all’apice del controllo fascista, rifiutato da una società plasmata dal regime, e dunque ne diviene una vittima, un martire agli occhi del lettore. Tutta l’ambiguità di Abbadessa d’altro canto sta proprio nella malinconia per il periodo fascista, dove ancora poteva considerarsi un punto focale dell’attenzione dell’opinione pubblica ferrarese, nel bene e nel male. Abbadessa non è vittima dei fascisti, non direttamente, è piuttosto 20 p. 114. 21 p. 107. 22 p. 105. Italienisch_80.indb 70 01.03.19 12: 09 71 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi vittima della sua cieca connivenza col fascismo, e muore quando la città è già sazia di morte. Il controcanto ironico è ovviamente il riaccendersi del pettegolezzo, tanto amato dal dottore, proprio quando questi scompare. Una Ferrara contemporanea, lontana dalla guerra e dal fascismo, quella dell’ultima sezione, subisce la ‘vendetta’ del dottore, e causa un ultimo risorgere di quei pettegolezzi. L’arte e il cinema «abbassati»: altre strategie di riscrittura Il lavoro di ricostruzione biografica della vicenda Mattozzi che Rossi intraprese insieme a Lucio Scardino, allo scopo di donare ancor più una tinta di cronachismo storico alla vicenda ferrarese, 23 non si limitò affatto ai soli dati legati alle contingenze storico-anagrafiche, ma si addentrò anche nei particolari di natura caratteriale, fino ad indagare i gusti artistici del noto medico. La sua vasta collezione d’arte di cui abbiamo, grazie al lavoro di Scardino, un inventario completo, era a questo riguardo di forte interesse, perché ci trasmetteva, seppur indirettamente, uno scorcio sulle preferenze estetiche del facoltoso e colto medico. La vasta cultura quasi mai sfoggiata, per paura di essere indelicato, è del resto uno dei tratti che caratterizzano anche Athos Fadigati, che si dimostra essere ben al corrente dei fatti artistici ferraresi: «[Il cliente] trovava infine un medico bonario e conversevole che [...] pareva soprattutto ansioso, da quel vero signore che era, di sapere […] se avesse visto bene, appeso a quella data parete di quel dato salotto, quel tale De Chirico o quel tale ‘Casoratino’, e se gli fosse piaciuto quel talaltro De Pisis; e faceva poi le più alte meraviglie se il cliente […] confessava non soltanto di non conoscere De Pisis, ma di non aver mai saputo prima d’allora che Filippo De Pisis fosse un giovane, molto promettente pittore ferrarese.» 24 Bassani adombrerà nel seguito dell’opera, e per poche notazioni, la profondità della cultura di Fadigati, concentrandosi però sulla musica (Wagner spicca fra tutti) e sulla letteratura: nessun ulteriore accenno all’arte. Il lavoro di riscrittura rossiano raggiunge a questo proposito un virtuosismo in quella che definirei contaminatio delle fonti. Anche in Puttaneggiar, 23 Si veda Lucio Scardino, La collezione d’arte di Antonio Santini (Ferrara 1824-1898), Ferrara: Liberty house 2004, pp. 105-133. 24 G. Bassani, Gli occhiali d’oro, p. 218, in «Meridiano» Bassani, Milano: Mondadori 1998. Italienisch_80.indb 71 01.03.19 12: 09 72 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger difatti, i gusti artistici del medico giocano un certo ruolo, ma forse ben più fondamentale di quanto si possa leggere in Bassani. Anche in Rossi la descrizione dello studio medico avviene attraverso la prospettiva di un altro, che percorre i salotti e le stanze e ha modo di osservare le particolarità: «E sempre s’incantava [la donna delle pulizie] a guardare in una nicchia incavata nella parete della stanza di soggiorno, lo stesso oggetto che le accendeva l’immaginazione in un soprassalto di stupita curiosità: la riproduzione in gesso del ‘Lamento di un cieco’. Di quella statua marmorea, scolpita dall’artista ferrarese Enzo Nenci, il rottamaio di piazza Travaglio aveva offerto in regalo al dottore la riproduzione in gesso, come segno di amicizia, o forse per liberarsene sapendo che non valeva nulla, ignorando che gli oggetti di gesso erano di malaugurio se…» 25 Notiamo subito una fondamentale divergenza: lo status sociale del riguardante. In Bassani era uno dei presumibilmente facoltosi clienti di Fadigati a compiere una pigra passeggiata nelle molte stanze dello studio; qui è la donna delle pulizie, muta e devota servitrice del dottore la quale, durante il suo lavoro, non può non fermarsi ad ammirare l’opera. La scelta di quest’ultima è la prova della suddetta contaminatio. Apprendiamo che in possesso di Mattozzi vi era in effetti proprio il Lamento del cieco di Nenci, 26 scolpito nel 1927 e acquistato un anno dopo dal medico, ma non certo una copia in gesso, forse addirittura scadente, e perdipiù dono di un «rottamaio»! Innanzitutto possiamo vedere il ricorrere di un meccanismo a noi ormai noto, vale a dire il sistematico abbassamento di ogni dato bassaniano riplasmato da Rossi, che arriva anche, come in questo caso, ad uno «abbassamento sociale»: il ricco borghese diventa l’umile donna delle pulizie. Ma questo abbassamento va anche oltre, diventa materico quando dal marmo pario dell’originale si passa al gesso. Ritengo che il Lamento sia ben più di una notazione en passant, anzi, può essere visto come una concretizzazione figurale di quanto Rossi cerca di attuare con lo stesso romanzo Puttaneggiar, vale a dire un calco di minor pregio rispetto all’originale, e più fragile. Senza voler raggiungere l’eleganza «marmorea» della fonte bassaniana, Rossi si accontenta di una filiazione minore, in cui però resti intatto il soggetto. La donna delle pulizie non sa, ci pare di intendere, che la statua non è altro che una copia, e dunque di questa ammira solo il soggetto, non si cura della materia. Se ciò che se ne deduce è vero, non si potrà trovare una più pro- 25 p. 32. 26 Cfr. Lucio Scardino, La collezione d’arte di Antonio Santini, op. cit. Italienisch_80.indb 72 01.03.19 12: 09 73 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi fonda dichiarazione di stima nei confronti dell’opera del ben più noto cugino di questa, dove Rossi pare elevare soprattutto la figura stessa di Fadigati- Abbadessa, e proprio secondo la sua personale chiave di interpretazione del personaggio, un «cieco» investito dal dolore più intenso ed inesprimibile. Ci resta peraltro aperta un’interpretazione sensibilmente diversa, anche se non per il risultato: Rossi potrebbe anche criticare proprio la «materia» bassaniana, identificabile forse con la scelta dei fatti da narrare compiuta dal cugino, salvando però proprio Mattozzi-Fadigati stesso. A prescindere da questa ambiguità, Rossi è riuscito a rielaborare il dato bassaniano, a farlo filtrare attraverso il prisma della realtà documentaria, e ciononostante a ridefinirlo per allacciarsi idealmente proprio a Gli occhiali d’oro. 27 È un omaggio - o protesta di originalità, a seconda dei punti di vista - che si può notare solo con l’edizione (postuma a Rossi stesso! ) dell’inventario delle opere possedute da Mattozzi: dunque un’intima e sottaciuta rivendicazione dell’autore di una parentela letteraria con il più anziano e celebre cugino. Il brano de Gli occhiali d’oro succitato doveva servire, nell’economia del romanzo bassaniano, a definire il personaggio Fadigati attraverso la raffigurazione del suo altrettanto raffinato studio, insieme al suo proprietario. Ne emerge, come abbiamo visto, un personaggio colto e ben attento ai fermenti artistici ferraresi e non solo, ma la citazione non certo casuale degli esponenti di spicco della comunità artistica cittadina ci rimanda un’immagine che, per lo stesso volere dell’autore, doveva essere all’avanguardia, ma non troppo, raffinata e insieme elegantemente conformista e convenzionale, l’ideale raccordo culturale con la borghesia cittadina, eterno sfondo della parabola di Fadigati. Rossi d’altro canto ancora una volta si serve delle precise informazioni intorno alla collezione d’arte di Mattozzi, soffermandosi con maliziosa insistenza sul pittore Giorgio De Vincenzi, rappresentato con numerose opere. Nenci ha un ruolo fondamentale per il gioco figurale suddetto, ma De Vincenzi ha una presenza più organicamente importante per tutto il romanzo rossiano. Nelle rarissime e spesso balbettate conversazioni con pochi comprimari, si ritaglia un certo spazio la vicenda della «scoperta» del pittore da parte di Abbadessa: Rossi appare incline ad accettare l’interpretazione più maliziosa di questo desiderio di Mattozzi-Abbadessa di promuovere l’artista coetaneo e a dire il vero di scarso successo, attribuendo ai due una breve storia d’amore, iniziata proprio con il primo incontro - presente solo nel romanzo, beninteso -, avvenuto nella barberia di De Vincenzi. In Bassani era De Pisis il pupillo della società ferrarese 27 Il gesto di pulire la targhetta del nome di Abbadessa, compiuto con tanta amorevolezza dalla donna delle pulizie, prima di ritornare nella sua stanza, può essere altresì interpretato per la sua natura encomiastica. Italienisch_80.indb 73 01.03.19 12: 09 74 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger ammirata anche da Fadigati, una scelta che rispecchiava la cultura contemporanea, ma allo stesso tempo la superficialità di una moda presso la borghesia urbana; per Rossi, sistematicamente inteso a svilire e popolarizzare, il preferito di Abbadessa era un artista non certo della caratura di De Pisis, e perdipiù specializzato in vedute di Ferrara, rese con masse di colore a volte spiazzanti, ma tutto sommato «reazionario» per gusto, ispirazione e soggetti dipinti. A ciò si aggiunga la natura stessa della storia d’amore tra Abbadessa e il «pittore-barbiere», a tratti anche volgarmente fisica, destinata ad esaurirsi in breve insieme alla sua carica clandestinamente erotica, principale motore della relazione. Da esteriore marca sociale di buon gusto più portata ad emblema di appartenenza sociale delle preferenze artistiche di Fadigati si passa dunque a predilezioni dettate da «bassi» istinti erotici, che poi rivivranno nell’affetto memoriale rappresentato dai numerosi quadri presenti nello studio di Abbadessa. La narrazione di alcune riprese di Ossessione nel centro di Ferrara, e dell’incontro mancato del protagonista con gli attori coinvolti nelle riprese occupano una cospicua parte del romanzo. Abbadessa, come al solito frustrato nei suoi intenti di comunicare quando non è alla ricerca di una furtiva avventura erotica, prima non riesce a vedere Massimo Girotti, il «bellissimo» attore protagonista, 28 e poi, per una subitanea vergogna, fugge dal tavolino da bar dove aveva notato le altre star della pellicola. La caratteristica dell’amore appassionato del dottore per il cinema non soltanto è forse quello che maggiormente si distanzia dal ritratto abbozzato di Fadigati, che poi confluisce in quello di Abbadessa, ma è anche il tratto che avvicina di più il dottore ad altri numerosi personaggi rossiani ugualmente cinefili. La cinefilia di questi personaggi raramente si discosta anche da un’altra caratteristica fondamentale, costantemente presente nell’opera rossiana, vale a dire la loro incapacità, o mancanza di volontà, di assumere mai un altro ruolo che non sia quello di instancabili osservatori delle esistenze degli altri; come Abbadessa, del resto, e sarebbe fin troppo facile istituire un parallelismo con la cinefilia di Rossi stesso. Senza seguire le tracce di possibili influenze autobiografiche, aleatorie per antonomasia, resta però il dato che il cinema nell’estetica rossiana si sovrappone quasi alla scrittura, condividendo tecniche e approcci al materiale narrativo. L’amore per il cinema di Abbadessa arriva al punto da fargli considerare la sua parabola biografica come una pellicola in atto: 28 Il tentativo - fallito - di Abbadessa di incontrare e poter parlare con Massimo Girotti rispecchia forse un episodio della vita dell’autore, quando questi incontrò e parlò con Rupert Everett, interprete di Davide Lattes nel film Occhiali d’oro di Montaldo, girato a Ferrara. Italienisch_80.indb 74 01.03.19 12: 09 75 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi «La trattoria Ada e il ballerino di tango, il pittore-barbiere e le castagne del Montagnone, il Castello e la chiesa di San Giuliano, persino Bocchimpani e le sue schifose vigliaccate, tutto faceva parte di un film in cui era lui, lui solo, Abdon Abbadessa, il protagonista. E questo film doveva continuare ancora, finché il corso degli eventi lo voleva.» 29 L’intento di Rossi, per tutto il romanzo, è di mettere in comunicazione una vicenda biografica personale con la Storia, obiettivo che lo lega quantomai a Bassani. Per l’autore, tuttavia, la vicenda storica è anche estetica: la morte di Abbadessa, la morte del fascismo si sovrappongono alla nascita di un nuovo cinema, emblematicamente e in certa misura fattualmente introdotto proprio da Ossessione, «film-chiave della vicenda ferrarese del cinema, […] straordinario esempio di romanzo d’appendice, dove amore e morte, intreccio di Eros e Thanatos dai continui riferimenti alla realtà o meglio ancora alla verità di un quotidiano nelle mani del destino, trovano il loro teatro nella memoria di Ferrara.» 30 Ossessione e Puttaneggiar coi regi hanno dunque in comune il «teatro» memoriale della città, così come lo hanno la vicenda di Mattozzi-Abbadessa e le riprese del film di Visconti nella realtà storica. Il processo riscritturale compirà poi un ulteriore passo in Conversazioni con il silenzio, dove l’autore riprende il personaggio dello Spagnolo dal film, per fargli vivere una delle vicende di questo romanzo corale; mentre nel secondo romanzo il vero Massimo Girotti si aggira per Ferrara, nel terzo il suo amico nella finzione della pellicola attende che il personaggio interpretato dall’attore ritorni in città per ricongiungersi finalmente con lui. Nel film l’ambiguità del rapporto fra i due uomini è innegabile quanto forzatamente irrisolta; nel romanzo d’altro canto lo Spagnolo è omosessuale, e così dicasi del protagonista della pellicola, e i due sono di fatto amanti. Il romanziere ha dunque deciso di sviluppare quanto solo lontanamente adombrato da Visconti, ponendo quindi Abbadessa e lo Spagnolo sullo stesso piano di frustrazione della propria sessualità. Nel racconto Serena, parte della raccolta I colori di Ferrara, pubblicato poco dopo Puttaneggiar, ma prima di Conversazioni, Rossi aveva introdotto questo esperimento di sviluppo di materiale cinematografico, 29 pp. 99-100. 30 Dimenticare Ferrara. Scritti per la cinematografia ferrarese, A c. di L. Scardino, Ferrara: Liberty House 2005, p. 64. Questa raccolta di scritti sul cinema sono soltanto una piccola parte della vasta produzione critica rossiana sul cinema. Italienisch_80.indb 75 01.03.19 12: 09 76 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger offrendo una prosecuzione di La suora giovane di Giovanni Arpino, ambientata proprio nella città estense. Antecedenti letterari e cinematografici non soltanto hanno parità di statuto, ma vengono entrambi coinvolti nella riscrittura, mescolando temi e suggestioni. Per quanto il film tratto da Gli occhiali d’oro non lasci a mio parere segni organici nella riscrittura rossiana, e non mi azzarderei a definirlo un ‘filtro’ necessariamente determinante, non è forse un caso che l’ultimo romanzo della ‘trilogia’ inizi proprio dove il dramma del Fadigati cinematografico (ma anche di quello letterario) era terminato, al Po di Pontelagoscuro, dove era annegato, e da dove nella prima scena del film viene ripescato, corpo senza vita. Il fatto è che il cinema per Rossi è molto più di un bagaglio di fonti da poter rimodulare durante la riscrittura: è un esempio di tecnica narrativa e insieme una chiave di lettura attraverso cui Abbadessa interpreta la sua esistenza. Basti osservare l’episodio sopraccitato della donna ebrea messa in salvo dal protagonista: «Lui ha sùbito un copione pronto, essere frequentatore assiduo di cinematografi in questo momento gli giova per improvvisare una sceneggiata delle più imprevedibili.» 31 L’esperienza cinematografica ispira immediatamente al dottore un sotterfugio per salvare la donna, sebbene, come abbiamo visto, la scena non sia priva di un alone grottesco. La «proiezione» di una scena da film ha qui un inaspettato risultato positivo; più generalmente in Rossi, in tutta la sua produzione narrativa, i personaggi «proiettano» alternative alle loro vite dedite all’osservazione, sognano la fuga in una realtà in cui possano in effetti influire sul corso degli eventi. Così, nel racconto Serena, composto, si è detto, a cavallo del secondo e del terzo romanzo della trilogia, il deuteragonista maschile intanto proiettava nel suo meraviglioso cinematografo di una fantasia instancabile, spregiudicata, spregiudicatamente creativa l’avventura che, insieme a me, lo aspettava per il giorno dopo. 32 L’immaginario di Abbadessa subisce anch’esso la disordinata cultura cinematografica di chi va al cinema per avere la possibilità di coltivare avventure erotiche clandestine, come è il caso del dottore. I film che rappresentano storie d’amore avventurose e spesso convenzionali, citati in Puttaneggiar, finiscono per costituire un contraltare invidiato e bramato da Abbadessa, e perciò questi le proietta sulla sua esistenza, specialmente quando il desiderio inappagato spinge il protagonista alle uscite serali segrete: «Usciva furtivamente di casa, ripeteva infallibile lo stesso copione e 31 p. 112. 32 Serena, in I colori di Ferrara, Ferrara: Liberty House 1993, p. 110. Cfr. anche: «‘… ma doveva andare adagio per completare la proiezione nella mente», I sogni ricorrenti di Biagio Balestrieri, op. cit., p. 93. Italienisch_80.indb 76 01.03.19 12: 09 77 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi riproiettava lo stesso film, un po’ dal vero e un po’ nella mente che lo aveva registrato.» 33 Il cinema è dunque fonte di vicende umane ideali, in forte contrasto con la doppia esistenza di Abbadessa, a cui il protagonista si piega con fin troppa accondiscendenza. Eppure emerge talvolta nel dottore la coscienza di essere il risultato di una stratificazione di vicende, biografiche e letterarie allo stesso tempo, e quindi di essere imbrigliato in un dramma non suo: «Sapeva di avere già ottenuto, per volontà d’altri che nemmeno conosceva, una parte importante in quello spettacolo tutto da scrivere: per questo ne volle favorire il proseguimento, l’inizio anzi, perché fino a quel momento non era stato interpretato nient’altro se non il prologo…» 34 Conclusione: alterità da/ alterità con Bassani Rossi investe Abbadessa di una consapevolezza che stride con il fatto letterario, la consapevolezza di rappresentare un fatto storico già scritto. Quando il gruppo misterioso di uomini penetra in casa sua per portare a termine la sua esistenza, Abbadessa è cosciente di quanto stia per avvenire e anzi, con la sua passività, favorisce l’esecuzione della condanna a morte. Ma già allorquando la visita maceratese lo porta a riflettere sul suo status di persona rifiutata dall’ambiente per cui aveva provato repulsione ed attrazione insieme, si insinua nel protagonista la coscienza di essere ormai più personaggio che uomo: «Gli occhiali d’oro. Se se li fosse tolti, e li avesse gettati nel vuoto senza confini, la sua anima li avrebbe seguiti per sparire insieme a loro.» 35 Come si vede, gli occhiali, questa volta intesi come stimmate della sua alterità e perciò della sua necessità nel panorama cittadino, hanno incorporato a tal punto il personaggio che questi sarebbe annullato senza il necessario marchio: il voyeur Abbadessa è ben cosciente di poter esistere solo in quanto oggetto del voyeurismo altrui. Abbadessa è un personaggio stratificato, raccoglie in sé la biografia per noi oscura del dottor Mattozzi, del Fadigati di Bassani, e di altre figure tipicamente rossiane; a questi ‘filtri’ si aggiungano poi le influenze cinematografiche, con Ossessione naturalmente in primo piano, ma non andranno dimenticati neppure altri film, sempre presenti nell’immaginario del Rossi 33 p. 34. Cfr. anche «il passato non è che leggenda offuscata, opacata, la dissolvenza sopra un’immagine precedente.», p. 118. 34 p. 19. 35 p. 103. Italienisch_80.indb 77 01.03.19 12: 09 78 Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Philip Stockbrugger critico e narratore. Non è dunque una riscrittura soltanto bipolare, e Gli occhiali d’oro sono più struttura sopra la quale costruire un testo come Puttaneggiar coi regi, con una sua autonomia, piuttosto che un referente a cui rispondere punto per punto: ho cercato di dimostrare una certa complementarità tra le due opere, in cui l’operazione rossiana è ben più di una riappropriazione stilistica. Si tratta invero di una contaminatio in cui Rossi opera alcune scelte narrative destinate a rivelare un Mattozzi-Abbadessa imbrigliato da una rete di sguardi di cui anche lui questa volta è responsabile; Bassani non aveva mai concesso spazio alla possibilità che il rapporto Fadigati-Ferrara potesse essere altro da quello vittima-carnefice, mentre Rossi d’altro canto è pronto a rivelare la necessità di Abbadessa di sentirsi vittima, per essere ‘visto’, oggetto di chiacchiere pur sempre preferibili alla totale scomparsa. La strategia di abbassamento, che investe l’apparenza del personaggio, i suoi comportamenti, i suoi gusti artistici, perfino la sua etica mettono Abbadessa in linea con altri personaggi rossiani, e non si può negare che l’attrazione verso un personaggio come Mattozzi-Fadigati debba essere in parte spiegata proprio in virtù dell’esemplarità della sua vita, sia essa reale o fittizia, della sua fin troppo evidente collocabilità nella schiera di voyeurs ideati da Rossi. Eppure l’autore compie un’operazione ben più profonda, rimodula la sua estetica per inglobare la Storia, finora tenuta ai margini, una Storia ferrarese, e dunque anche personale. Mettersi in contatto con l’opera di Bassani significa allora attingere da un autore che non solo aveva già compiuto questo sforzo, ma che ha anche un bagaglio memoriale affine, la comprensione della propria alterità in una Ferrara divenuta ostile. Abstract. Der Roman von Gianfranco Rossi, Puttaneggiar coi regi, ist eine deutliche riscrittura von Gli occhiali d’oro, dem berühmten Werk Giorgio Bassanis. Dieser Aufsatz untersucht die Strategien der dialektischen ré-écriture bei Rossi. Rossi versetzt die Hauptfigur des homosexuellen Arztes in ein soziales Milieu, das diastratisch komplexer aufgebaut ist im Vergleich zu dem, was Bassani in seinem Roman zeigt. Auch dem Fascismo steht der Arzt von Rossi ambivalent gegenüber, im Vergleich zu Bassanis Darstellung: das sozial negativ bewertete Merkmal, sei es das Judentum oder die Homosexualität, wird in Rossis Werk nicht als eine allgemeine Verwerfung durch die Gesellschaft so wie bei Bassani -, sondern eher als ein persönliches Merkmal der Diversität konzipiert. Dennoch teilen die beiden Autoren eine Gesamtstrategie der Darstellung: Beide bemühen sich, durch exemplarische Beispiele des «Sündenbocks», die Tragödie des Fascismo in einer provinziellen Kleinstadt darzustellen. Italienisch_80.indb 78 01.03.19 12: 09 79 Philip Stockbrugger Da Gli occhiali d’oro a Puttaneggiar coi regi Summary. The novel Puttaneggiar coi regi by Gianfranco Rossi constitutes an evident re-narration of Giorgio Bassani’s masterpiece Gli occhiali d’oro. This article attempts to reconstruct the strategies of this dialectic process of ré-écriture. Rossi places the protagonist in a social sphere which is more complex compared to Bassani’s. Furthermore, the doctor in Rossi’s novel shows a more ambivalent attitude towards fascism: such attributes as Jewishness or homosexuality, seen as bad in the Ferrara Society, are described more as personal signs of diversity and less as in Bassani, as criticized generally by society. However, both authors work in a similar manner towards their shared intent of showing their protagonist as exemplary scapegoat and the tragedy of fascism in a provincial city. Bibliografia Rossi, Gianfranco: Gli spettatori dimenticati. Milano: La Cisterna 1991. Rossi, Gianfranco: Puttaneggiar coi regi. Ferrara: Liberty House 1993. Rossi, Gianfranco: Conversazioni con il silenzio. Ferrara: Liberty House 1995. Dolfi, Anna: «’Ut pictura’. Bassani e l'immagine dipinta», in: Ritorno al «Giardino»: Una giornata di studi per Giorgio Bassani, a cura di Ead. e Gianni Venturi, Roma: Bulzoni 2006, pp. 143-155. Venturi, Gianni: «Le tecniche del vedere nell'opera di Giorgio Bassani», in: Poscritto a Giorgio Bassani. Saggi in memoria del decimo anniversario della morte, a cura di Roberta Antognini e Rodica Diaconescu-Blumenfeld, Milano: LED 2012, pp. 477- 498. Venturi, Gianni: «Giorgio Bassani e l’ermeneutica del vedere. Nuove ipotesi», in: Letteratura & Arte, VIII, 2010, pp. 25-283. Italienisch_80.indb 79 01.03.19 12: 09