eJournals Italienisch 40/80

Italienisch
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
2018
4080 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

A colloquio con Rosella Postorino.

2018
Laura Melara-Dürbeck
2 A colloquio con Rosella Postorino A cura di Laura Melara-Dürbeck Rosella Postorino è nata a Reggio Calabria nel 1978 e vive a Roma dove lavora come editor per Einaudi Stile Libero. Ha esordito con il racconto- In una capsula, incluso nell’antologia- Ragazze che dovresti conoscere- (Einaudi Stile Libero, 2004). Ha pubblicato i romanzi-La stanza di sopra- (Neri Pozza, 2007; Feltrinelli, 2018; Premio Rapallo Carige Opera Prima),- L’estate che perdemmo Dio- (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e-Il corpo docile-(Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne). Con il suo romanzo- Le assaggiatrici- (Feltrinelli, 2018) ha vinto la 56 a edizione del Premio Campiello, poi il Premio Rapallo, il Premio Pozzale Luigi Russo e il Premio Vigevano Luigi Mastronardi. Al momento dell’intervista (ottobre 2018) sono stati venduti i diritti di traduzione per 19 lingue e sono stati opzionati i diritti per il cinema. La storia del romanzo è ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, nell’autunno 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo (Wolfsschanze), il nascondiglio di Hitler. La protagonista Rosa Sauer ha ventisei anni ed è appena arrivata da Berlino. La prima volta che entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti Rosa Sauer è affamata. Terminato il pasto, le assaggiatrici devono restare per un’ora sotto osservazione per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato. Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda di una donna in trappola, fragile di fronte alla Storia e forte nei desideri della giovinezza. Proprio come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto antieroico di sopravvivere. Il colloquio ha avuto luogo l’11 ottobre 2018, in occasione della Fiera del Libro a Francoforte. Il testo riporta una versione redatta e abbreviata della conversazione. Domanda. Il tuo ultimo romanzo Le assaggiatrici è stato il caso editoriale dell’anno. Con una schiacciante vittoria ti sei aggiudicata a settembre il Premio Campiello 2018. Cos’è cambiato per te? Rosella Postorino È stata per me una gioia. Il Campiello è una grande operazione culturale che per due mesi porta cinque libri, spesso anche letterariamente molto sofisticati, alla gente, nelle piazze d’Italia, nelle città di provincia, dal Nord al Sud, dal mare alla montagna. Vincere il Campiello ha dato al mio romanzo ulteriore visibilità. A settembre del 2018, la data della premiazione, il libro aveva già venduto quasi cinquantamila copie, subito dopo è ritornato in classifica, schizzando ai primi posti di quella assoluta (cioè nella top ten). Molte persone che non lo avevano ancora letto, quindi, l’hanno acquistato in seguito Italienisch_80.indb 2 01.03.19 12: 08 3 A colloquio con Rosella Postorino alla vittoria. Al di là delle vendite, il premio ha reso maggiormente visibile anche me e il mio nome di scrittrice: più di prima mi invitano a intervenire sui media riguardo temi diversi. D. Come è nata l’idea di scrivere questo romanzo, che potremmo definire storico? Postorino Se mi avessero chiesto, cinque anni fa, se avrei mai scritto un romanzo storico, avrei risposto di no. Poi però nel 2014 mi sono imbattuta in un trafiletto di giornale che raccontava di Margot Wölk, una signora berlinese di 96 anni che confessava per la prima volta di essere stata da giovane un’assaggiatrice di Hitler, cioè una di coloro che mangiavano il cibo a lui destinato per accertarsi sulla propria pelle che non fosse avvelenato. La cosa interessante è che Margot Wölk non era nazista, o almeno così diceva, addirittura nel virgolettato definiva Hitler come un «porco» che le aveva rovinato la vita. In quell’articolo descriveva la mensa forzata come un incubo, ne raccontava l’angoscia, le lacrime durante il pasto e nell’ora successiva, passata sotto osservazione, affinché dai loro sintomi le SS verificassero che il cibo ingerito fosse sano e non tossico. Nello stesso tempo, però, parlava del gusto di quel cibo eccezionale, fresco, addirittura esotico. Questa contraddizione simboleggiava per me la contraddizione stessa del suo ruolo. Lei era una cavia, e dunque una vittima, la cui vita poteva essere sacrificata per salvaguardare quella di Hitler, però era anche una privilegiata, perché mangiava bene, ed era pagata per farlo, mentre il resto della popolazione moriva di fame. Lavorando per Hitler diventava un ingranaggio di un sistema più grande e disumano, il Terzo Reich. Era una complice, scivolata nella colpa in modo accidentale, senza averlo scelto. È stata questa contraddizione a folgorarmi, sono partita da lì, da questa condizione umana. In questo senso dico che il mio interesse era sovrastorico. Credo che questa condizione non sia relegata a un’epoca e basta, ma potenzialmente a tutte le epoche, e che abbia a che fare con l’istinto di sopravvivenza. D. Il tuo romanzo ha una grande forza narrativa che rimanda talora al Primo Levi de I sommersi e i salvati (1986). Postorino A tal proposito, ne I sommersi e i salvati, Primo Levi dice che la colpa dei regimi oppressivi non è solo quella di opprimere, togliendo libertà e dignità, ma anche di rendere colpevoli gli oppressi, che in una situazione estrema possono cercare di ottenere privilegi per sopravvivere. Così, però, diventano Italienisch_80.indb 3 01.03.19 12: 08 4 A colloquio con Rosella Postorino complici del sistema stesso, che ha quindi anche la colpa di sottrarre loro l’innocenza. Mi sembra che a Margot Wölk sia successo proprio questo. D. La tua capacità di ricreare la realtà di quel periodo è sorprendente. Pensiamo solo ai dettagli storici che sono resi pienamente e compiutamente narrativi (dall’attentato a Hitler ad opera di Claus Schenk von Stauffenberg alla campagna di Russia): una sfida, per una scrittrice che non è tedesca, non ha vissuto la guerra e non sa cosa significhi vivere sotto una dittatura. Quali sono state le difficoltà che hai riscontrato durante la stesura e come le hai superate? Postorino Per ambientare il romanzo in quel periodo storico e ricostruirlo in modo credibile ho studiato molto, a maggior ragione dato che non ho potuto avere notizie di prima mano da Margot Wölk. L’avevo cercata, perché volevo incontrarla e parlarle, ma purtroppo, proprio quando sono riuscita a trovare il suo indirizzo di casa e a inviarle una lettera in cui le chiedevo un incontro, lei è morta. Disperata, ho pensato che non avrei più potuto scrivere la sua storia, e mi chiedevo addirittura se ne avessi il diritto: non ero tedesca, non ero cresciuta sotto una dittatura, non avevo vissuto la guerra. La sua storia però era diventata per me un’ossessione, probabilmente perché mi interrogava: che cosa avrei fatto io se fossi stata al suo posto? L’unico modo che avevo per cercare - non necessariamente trovare - una risposta era l’invenzione romanzesca. Per costruire il romanzo ho letto non solo saggi, come la Storia del Terzo Reich di William Shirer 1 , o La mente di Adolf Hitler di Walter Langer 2 , che traccia un profilo psicologico del ‘Führer’, ma anche diari, memoires, lettere, intercettazioni della Wehrmacht ecc. Ho riletto anche tanti romanzi ambientati in quell’epoca e sono andata in Polonia a visitare quello che resta della Wolfsschanze e il villaggio in cui viveva Margot Wölk. Il lavoro è durato più di tre anni. Leggendo, non solo appuntavo dettagli concreti che sarebbero entrati nella narrazione conferendole realismo, ma soprattutto provavo a capire i sentimenti dell’epoca. Quel che con più forza mi è arrivato è l’istinto di sopravvivenza, il tentativo di restare attaccati alla vita con le unghie e con i denti. Per rendere la protagonista il più possibile familiare a me stessa - perché non avrei potuto raccontare la storia di Margot Wölk, non avendola 1 In originale: William L. Shirer, The Rise and Fall of the Third Reich, New York 1960. 2 In originale: Walter Langer, The mind of Adolf Hitler, New York 1972. Italienisch_80.indb 4 01.03.19 12: 08 5 A colloquio con Rosella Postorino incontrata - le ho dato il mio nome, Rosa, e le ho attribuito delle caratteristiche mie. D. Ne Le assaggiatrici si è testimoni della lacerazione interiore della protagonista, Rosa, vittima ma anche colpevole, cosciente di questa contraddizione esistenziale in un contesto storico che non si è cercata, ma nel quale si è trovata a nascere e in cui deve sopravvivere. Attraverso Rosa dai voce a un grandissimo gruppo di persone, la grande massa collusa, consenziente e, alla fine, responsabile. Non è stata un’operazione letteraria al limite di quello che oggi può essere considerato politicamente corretto, permesso e concesso? Postorino Sempre nei miei romanzi racconto come la società interviene nelle vite private e le fa deragliare. Ne Le assaggiatrici è la Storia a tradire gli esseri umani. Rosa non è una nazista, ma rischia la morte per salvare la vita di Hitler. Quanti in Italia hanno preso la tessera fascista semplicemente perché con quella era più facile sopravvivere? È una materia delicata, me ne rendo conto, ma è proprio quello che volevo esplorare. Mentre ci lavoravo, mi è capitato di accennare al romanzo con una signora ebrea, che per reazione si è alzata e se n’è andata. Invece la mia agente letteraria, un’ebrea americana, ha creduto nel libro fin da quando era solo un’idea e mi ha molto sostenuta. Insomma, ci sono modi diversi di confrontarsi con il trauma. Mi sono mossa su un crinale pericoloso, ma d’altra parte credo che se sei fedele al tuo personaggio, se aderisci al tuo personaggio, se ti fidi della narrazione, stai facendo ciò che deve fare uno scrittore. La letteratura indaga le contraddizioni umane, non prende posizione in termini ideologici. Io sono una scrittrice, e narro una storia in cui emergono l’ambivalenza e la complessità degli individui sottoposti a uno stato di coercizione. La letteratura consente di rappresentare la contraddizione senza dover necessariamente arrivare alla sintesi, ti consente di rappresentare l’antitesi, perché l’antitesi è importante. D. Molti romanzi pubblicati in quest’ultimo anno sono romanzi storici. È ancora così importante parlare di storia? Postorino Non lo è soltanto in quest’ultimo periodo, è fondamentale sempre. I romanzi storici mostrano la Storia dal punto di vista di un personaggio o di più personaggi, spesso di persone comuni, con un percorso, dei bisogni, dei desideri, la rivelano dal punto di vista di persone come te: dunque ti catapultano Italienisch_80.indb 5 01.03.19 12: 08 6 A colloquio con Rosella Postorino in quell’epoca attraverso singole vite, per quanto immaginarie, e in modo coinvolgente. Perché siamo legati al Diario di Anne Frank? Perché in questo diario la Storia attraversa il corpo di una ragazzina che cresce, diventa adolescente, litiga con la madre, s’innamora… Dietro la sua singola esistenza, il lettore vede l’orrore della Storia. D. Nel romanzo tu utilizzi tante parole tedesche senza tradurle. Talora si capisce, altre volte un po’ meno, perché hai optato per questa soluzione? Postorino Quasi sempre il lettore ha la possibilità di arrivare al significato della parola tedesca. Per esempio, rispetto alla filastrocca Fuchs, du hast die Gans gestohlen, c’è un momento in cui la protagonista racconta in italiano quel che succede alla volpe che ha rubato l’oca. Ho usato alcune parole in tedesco perché volevo che si sentisse il suono di questa lingua che amo e ho studiato, e che purtroppo non parlo più. Un romanzo ambientato nel Terzo Reich doveva riprodurre anche il suono di questa lingua, ma non nello stereotipo del gergo nazista (gli Achtung! o i Raus! ai quali ci hanno abituato i film), bensì nella sua quotidianità, anche nella sua dolcezza. Una lettrice che ha vissuto in Germania mi ha detto che il romanzo ha un ritmo sintattico simile a quello della lingua tedesca. Non so se sia vero, ma mi ha comunque resa felice. D. Il romanzo nasce e si sviluppa intorno al cibo. Ci sono più di ventuno ricette, quasi tutte vegetariane perché si presume che Adolf Hitler non mangiasse carne. Il cibo però è presentato nella sua valenza negativa, in quanto non dà vita, bensì la nega, con il rischio quotidianamente di uccidere. Postorino La storia dell’uomo inizia con il cibo, perché inizia quando Adamo ed Eva raccolgono il frutto dell’albero proibito, cioè quando desiderano conoscere il mondo. L’essere umano ha bisogno di nutrirsi, altrimenti muore. La condizione della mortalità degli esseri umani e nello stesso tempo la loro condanna alla sopravvivenza possono implicare il compromesso con il male. Nel romanzo il cibo diventa metafora di tutto questo, della nostra fragilità di esseri umani, del fatto che, per stare al mondo, dobbiamo assaggiare il mondo stesso. Questo ciclo d’ingerimento ed espulsione ci consente di stare in vita. Per conoscere il mondo, devi esporti al rischio di morire. Ma il cibo non è solo elemento negativo. A un certo punto, Rosa si trova in un vagone con altre persone in fuga dai russi, e assieme condividono Italienisch_80.indb 6 01.03.19 12: 08 7 A colloquio con Rosella Postorino le poche cose che hanno da mangiare: «È sempre possibile allestire una mensa fra esseri umani», dice, esprimendo il senso della comunità che perdura, della vita che va avanti. D. Nel romanzo Adolf Hitler è un personaggio invisibile ma onnipresente. Non ci presenti un dittatore bensì un uomo coi problemi che la caducità del suo corpo comporta. Non è stata anche questa un’operazione rischiosa? Postorino Sapevo che anche questa scelta narrativa fosse rischiosa, ma d’altronde il libro in sé era rischioso. Qualcuno mi ha chiesto: si è resa conto di aver raccontato Hitler come un essere umano? Io ho risposto che Hitler non è nato mica folletto o alieno, che è nato essere umano. E credo che dimenticarsene sia pericoloso, è quasi un modo di esonerarsi dalla responsabilità di ciò che la specie umana può compiere. Da un lato volevo raccontare Hitler come una presenza invisibile che incombe su tutti, che dispone della vita e della morte di tutti, come una divinità, esattamente come lo proponeva la propaganda nazista: una figura messianica. Dall’altro, volevo che fosse un corpo, un corpo che si inceppa. Hitler aveva problemi fisici, paranoie e fissazioni. Raccontare che prendeva sedici pillole antiflatulenza al giorno mi ha consentito persino di ridicolizzarlo. Infine, il rapporto fra Rosa e Hitler, che non s’incontrano mai, è un rapporto intimo, proprio perché riguarda il corpo. Il cibo che lei assaggia è lo stesso che attraverserà il corpo di Hitler. D. Spesso i nomi dei personaggi sono didascalici. Uno più degli altri. Rosa Sauer. L’aggettivo sauer in tedesco, oltre ad indicare il cibo ‘andato a male’, avariato e quindi anche il cibo che Rosa assaggia ogni giorno perché potrebbe essere avvelenato, indica in senso figurato anche una persona che è arrabbiata, inferocita, proprio come la tua protagonista. Perché Rosa Sauer è così indignata? Postorino Non ho usato il vocabolo sauer per dire che Rosa è inferocita, non credo affatto che lo sia. Rosa è indignata con Dio, come me. Come me ha una formazione cattolica, ma non è più praticante, e arriva persino a parlare del «peccato di Dio», o a pronunciare una frase che suona come una bestemmia: «Davanti al creato, Dio contempla lo sterminio». La natura prevede la nostra mortalità, e questo disegno è incomprensibile. Rosa perde tutto e tutti (la madre, il padre, il marito...), e tuttavia vuole disperatamente vivere, ma riesce solo a sopravvivere, facendo scelte antieroiche. «La capacità di adattamento è la migliore risorsa degli esseri umani, più Italienisch_80.indb 7 01.03.19 12: 08 8 A colloquio con Rosella Postorino mi adattavo e meno mi sentivo umana», dice. È una superstite perché si è adattata a un sistema disumano, e questo le pone interrogativi sulla sua stessa umanità. D. Fede, fiducia, fedeltà si esprimono attraverso il cibo avvelenato distribuito da Hitler: chi mangia del mio cibo, chi crede in me, chi ha fiducia in me e mi sarà fedele avrà la salvezza sulla terra. Per salvarsi realmente allora bisogna non credere? Bisogna essere atei? Il cibo delle democrazie è forse meno avvelenato? Postorino Non credo che ci si possa salvare dal male. La cultura interviene là dove la natura è «matrigna», come diceva Leopardi. La cultura vieta la sopraffazione dell’uomo sull’uomo. Parlo della cultura come stato, struttura governativa, che tutela i diritti soggettivi di ogni singola persona. Uno stato democratico che preserva i diritti umani ma accetta che migliaia di persone possano morire nel Mediterraneo sta riducendo quei diritti umani a diritti nazionali, di cui gode solo chi appartiene alla comunità nazionale. Sta dichiarando che esistono vite di serie A e vite di serie B. Rispetto alla religione, credo che non si salvino nemmeno gli atei. Chi ha fede in Dio ha per lo meno una forma di conforto e trova nell’esistenza un senso, soprattutto ha una griglia che lo aiuta a discernere il bene dal male. Chi non crede deve decidere di volta in volta che cosa sia bene e che cosa sia male. Le scelte etiche e morali sono più complesse per chi non è aiutato dal rigore delle norme religiose. D. Margot Wölk, Rosella Postorino, Rosa Sauer: se Margot ti potesse parlare, credi che le piacerebbe il modo con cui hai saputo darle voce? Postorino Io non ho dato voce a lei, ho dato voce a Rosa Sauer, e per me è importante sottolinearlo, perché non avrei mai potuto permettermi di dar voce a qualcuno che non ho conosciuto e a cui non ho chiesto il permesso di farlo. Se però mi domandi se lei sarebbe stata contenta di sapere che l’innesco narrativo del mio romanzo d’invenzione è stata la sua testimonianza, chissà: da un lato penso che lei abbia mantenuto il segreto sulla sua esperienza di assaggiatrice di Hitler per tutta la vita, quindi forse non lo apprezzerebbe; dall’altro lato, però, alla fine lo ha rivelato, quindi forse voleva che la sua testimonianza avesse voce. E il mio libro dà voce a quelle donne che per quasi due anni hanno svolto un assurdo mestiere potenzialmente mortale, e a tutte le persone ordinarie, ai margini della Storia, che dalla Storia sono Italienisch_80.indb 8 01.03.19 12: 08 9 A colloquio con Rosella Postorino però state tradite, e che la Storia l’hanno fatta, sulla propria pelle. Dà voce a una condizione esistenziale: quella di vittima che diventa colpevole proprio in quanto vittima. Dà voce alle persone schiacciate da un regime totalitario. Rosa, la mia protagonista, porta il peso di aver lavorato per Hitler come una vergogna individuale, prima ancora che come una colpa della sua generazione. Per questo non si può redimere. «Tutto quel che ho imparato dalla vita», dice, «è sopravvivere». Italienisch_80.indb 9 01.03.19 12: 08