eJournals Italienisch 39/78

Italienisch
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
2017
3978 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

Piero Gobetti critico letterario e teatrale

2017
Antonio Catalfamo
9 A N TO N I O C ATA L FA M O Piero Gobetti critico letterario e teatrale Piero Gobetti è stato un personaggio poliedrico: giornalista, politico, storico, scrittore, critico, editore La sua opera prodigiosa, così vasta per gli interessi e gli orizzonti culturali, si dispiega nel breve arco di sette anni: dalla fondazione, nel 1918, della sua prima rivista, Energie Nove, alla sua morte da esule a Parigi, nella notte tra il 15 e il 16 febbraio 1926, a causa di uno stato di salute precario Ad aggravarlo furono poi le percosse subite ad opera di una squadraccia fascista, che determinarono la scelta di rifugiarsi all’estero, assieme alla proibizione, da parte del regime mussoliniano, di svolgere qualsiasi attività politica, culturale ed editoriale Nonostante i caratteri di estrema originalità, quest’opera portentosa è caduta completamente nell’oblio Vogliamo occuparci, in questo nostro intervento, dell’attività di critico letterario e teatrale svolta da Gobetti, per le innovazioni che introdusse nell’ambito di un contesto culturale italiano complessivamente arretrato rispetto al più ampio panorama europeo Pur muovendosi inizialmente all’interno di coordinate estetiche crociane, il giovane intellettuale riuscì progressivamente ad affrancarsene, dopo aver adottato interpretazioni originali, non sempre corrispondenti al modello È necessario analizzare tale attività critica nelle sue interconnessioni con quella politica svolta da Gobetti, visti gli stretti legami che esistono tra questi due aspetti della sua personalità prismatica Piero Gobetti nasce a Torino il 19 giugno 1901 da genitori d’origine contadina, che si erano trasferiti in questa città sul finire del XIX secolo, dedicandosi al piccolo commercio e aprendo successivamente una drogheria in via XX Settembre Qui Piero trascorre tutta l’infanzia e l’adolescenza: allievo della scuola elementare «Pacchiotti» e poi del ginnasio-liceo «Gioberti» È un ragazzo dall’intelligenza precoce, avido di sapere Carlo Levi 1 ha ben descritto questo suo entusiasmo per la vita, che dall’attività intellettuale si estende a quella fisica, caratterizzata, ad esempio, da lunghe gite in bicicletta La sua intelligenza porta Gobetti ad assumere ben presto una funzione di guida nei confronti dei suoi coetanei e compagni di studi Natalino Sapegno, che lo conobbe nel 1918, parla di una «naturale funzione di guida» . 2 Così, nel novembre 1918, a soli diciassette anni, appena iscritto al primo anno di Giurisprudenza, fonda assieme ad alcuni coetanei, ma anche con la collaborazione di alcuni maestri, il quindicinale Energie Nove (1918-1920) La Voce di Giuseppe Prezzolini e L’Unità di Gaetano Salvemini sono i modelli dichiarati della prima rivista gobettiana Difatti, il giovane studioso Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 10 liberale scriveva entusiasta, alla fine del 1918, a Benedetto Croce: «Le basi dell’azione nostra vorrebbero essere le stesse dell’idealismo militante che ha animato - si licet parva componere magnis - la Voce» A metà aprile 1919 Gobetti andò a Firenze per partecipare al convegno degli ‘unitari’ di Salvemini, sospendendo per un mese l’uscita di Energie Nove Il 17 aprile scrisse ad Ada Prospero, che diventerà la sua compagna per tutta la vita: «Salvemini è un genio Me lo immaginavo proprio così L’uomo che sviscera le questioni, che la fa smettere agli importuni e ti presenta tutte le soluzioni in due minuti, definitive […] Un’altra persona di cui sono entusiasta è Prezzolini col quale ci si trova quasi sempre insieme a pranzo e a spasso, franco, semplice, pratico Editore propriamente come lo pensavo io L’editore più intelligente d’Italia come t’avevo detto .» 3 A Firenze Gobetti conosce dunque Prezzolini, iniziando un rapporto che, a parte la divergenza di idee, che ad un certo punto si manifesta tra i due, durò fino agli ultimi giorni di vita del giovane liberale Il convegno fiorentino si conclude con la formazione di una «Lega democratica per il rinnovamento della politica nazionale» Energie Nove, nella seconda serie, che ha inizio dopo la costituzione della Lega, se ne fa convinta portavoce, e ne diventa quasi un organo interno Gobetti si sente dunque partecipe di un progetto, in realtà confuso, di rinnovamento della vita politica italiana che ha come massimi propugnatori, seppur in forme diverse, Prezzolini e Salvemini Probabilmente Antonio Gramsci e Gobetti si conobbero nel 1919 attraverso un comune amico, Andrea Viglongo . 4 L’intellettuale sardo, più anziano di una decina d’anni, esercita un’influenza decisiva su alcuni aspetti dell’evoluzione politica e culturale di Gobetti Gramsci ha ben chiari i limiti della concezione salveminiana del rinnovamento del Paese Denuncia l’astrattezza del suo programma, che, invece, vorrebbe essere concreto, in quanto manca un ‘destinatario’ ben definito Salvemini si rivolge a tutti «gli uomini di buona volontà», senza distinzioni di classe e di cultura ideologica Lo stesso fa, di riflesso, Gobetti, tanto che è possibile la collaborazione a Energie Nove di intellettuali come Balbino Giuliano, il quale, dapprima nazionalista e idealista, più tardi aderì al fascismo, realizzando una notevole carriera politica come deputato, sottosegretario di Stato (1924-1926), ministro dell’Educazione nazionale (1929-1932), senatore, mentre percorreva anche la carriera accademica, prima a Firenze, poi, come professore di Filosofia morale, a Roma Ad onor del vero bisogna aggiungere che, quando Giuliano aderì al fascismo, Gobetti si allontanò da lui Ma la collaborazione Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 11 del professore, da sempre acceso nazionalista, a Energie Nove, già evidenzia la confusione di idee che circonda la rivista dal punto di vista delle opzioni politiche Gramsci, in uno scritto non firmato pubblicato su Il Grido del Popolo il 29 giugno 1918, 5 critica aspramente il «messianesimo culturale» di Salvemini, che, rivolgendosi a tutti gli uomini onesti, li invita a concorrere ad un generico «rinnovamento etico» del Paese Secondo il giovane intellettuale sardo, per uscire dall’astrattismo è necessario avere coscienza della realtà economico-sociale, dei soggetti e delle classi che in essa sono presenti ed agiscono, delle forze concrete che possono essere destinatarie e realizzare con la loro azione il programma che si vuole attuare Salvemini, invece, «dissocia l’idea di cultura politica da quella di organizzazione economica e politica, dissocia l’idea di azione e di efficacia dell’azione dal fatto delle condizioni generali di cultura e di forza: gli rimane la passione messianica che lo fa rientrare tra i politici del ‘se’, che lo rende inconsapevolmente elemento di indisciplina e di disordine .» 6 Il soggetto sociale che può dare attuazione ad un programma di rinnovamento economico-sociale e morale del Paese viene individuato da Gramsci nella classe operaia È questa la lezione gramsciana che viene recepita da Gobetti Assistendo al movimento dei Consigli di fabbrica, che si svolge a Torino tra l’autunno del 1919 e l’estate del 1920 (l’obiettivo è quello di trasformare le vecchie Commissioni interne sindacali in organi di autogoverno operaio nei luoghi di produzione, che tendenzialmente potevano diventare centri di potere alternativo rivoluzionario nell’intera società), il giovane intellettuale liberale si rende conto del ruolo propulsivo del proletariato Perciò supera la prospettiva ideologica di Energie Nove, che viene sostituito da lì a poco da un altro giornale, La Rivoluzione Liberale (1922- 1925) Questa nuova consapevolezza viene espressa nella risposta alla lettera di Giuseppe Prezzolini, pubblicata sul n 28 di quest’ultima rivista, nel 1922, 7 nella quale l’intellettuale navigato, dall’alto dei suoi quarant’anni, dà consigli di prudenza al giovane amico, invitandolo a costituire una ‘Congregazione degli Apoti’, cioè di ‘coloro che non le bevono’, che si tengono al di fuori della vita politica, perché hanno capito che i partiti sono tutti uguali: «Fascisti e comunisti, liberali e socialisti, popolari e democratici, appartengono ad un solo massimo comune denominatore, quello della media italianità attuale I loro gesti e le loro gesta, le loro idee e le loro complicità, i loro silenzi e le loro grida, i loro pro- Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 12 grammi aperti e quelli taciti, i loro sistemi di lotta, non variano molto; e quello che gli uni fanno, gli altri magari lo rimproverano, ma lo farebbero se ne avessero la possibilità e segretamente lo invidiano e se lo propongono per un’altra volta . 8 » Perciò gli uomini di cultura non debbono «sporcarsi le mani», devono riservarsi il compito di «storici del presente», «di capire e di vedere come vanno le cose», di educare, dall’alto della loro intelligenza, costituendo una sorta di «super-partito» di «consiglieri» al servizio della nazione, e, perché no, degli stessi fascisti Tanto che proprio Prezzolini, sempre sulle colonne de La Rivoluzione Liberale, scrive, in data 7 dicembre 1922, che «il governo fascista è una necessità storica» e che «gli atti del governo fascista […] paiono, in massima, ottimi» All’ambigua proposta, avanzata da Prezzolini, di una ‘Congregazione degli Apoti’ Gobetti rispose limpidamente, contrapponendo l’azione, l’impegno, al «disimpegno» e riconoscendo nella classe operaia la forza nuova, vitale, della nazione, quella che poteva opporsi al fascismo nascente e creare una «nuova civiltà»: «Pure se ripenso agli esempi più recenti, da Marx a Sorel, mi pare che tutti gli sforzi più originali di pensiero si siano accompagnati con un’intransigente elaborazione di miti d’azione e con una tragica profezia rivoluzionaria La forza più energica del mondo moderno, il movimento operaio, è la sola su cui si possa operare, per la conquista della nuova civiltà .» 9 È questa la grande lezione che Gobetti ha tratto dal movimento dei Consigli di fabbrica, da Gramsci e dal gruppo de L’Ordine Nuovo, che lo avevano propiziato e sostenuto Egli stesso lo ammette: «Nel 1920 io interruppi le Energie Nove perché sentivo bisogno di maggior raccoglimento e pensavo una elaborazione politica assolutamente nuova, le cui linee mi apparvero di fatto nel settembre al tempo dell’occupazione delle fabbriche Devo la mia rinnovazione dell’esperienza salveminiana al movimento dei comunisti torinesi da una parte (vivi di un concreto spirito marxista) e dall’altra agli studi sul Risorgimento e sulla rivoluzione russa che ero venuto compiendo in quel tempo .» 10 Scrive, ancora, a proposito de L’Ordine Nuovo e dei suoi giovani collaboratori: Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 13 «C’era un giornale, nato dai sacrifici di una classe operaia matura e agguerrita: L’Ordine Nuovo Fu nei primi mesi di vita il giornale più intellettuale d’Italia in cui tutto era concepito organicamente, fatto con spirito di sacrificio e con un ideale di libertà, dalle manchette alla cronaca teatrale, dalle lettere degli operai agli articoli di Lenin, al romanzo d’appendice E si ebbe un miracolo anche più raro: che gli operai lo lessero, lo discussero, quasi fanatici della cultura .» 11 Questo nuovo modo di pensare trova sbocco nel 1922 nel nuovo settimanale gobettiano, Rivoluzione Liberale, arricchito ben presto da un supplemento letterario quindicinale, il Baretti, e da una casa editrice, che nel 1925 pubblicherà gli Ossi di seppia di Eugenio Montale Il Manifesto programmatico, pubblicato sul primo numero, chiarisce i termini della «rivoluzione liberale» prospettata da Gobetti E qui emerge chiaramente la divergenza tra Gobetti e Gramsci relativamente al ruolo effettivo che la classe operaia deve svolgere nella società italiana Il primo lo vede come funzionale ad una società capitalistica «meritocratica» Egli scrive il 26 marzo 1922: «Nel Consiglio l’operaio sente la sua dignità e indispensabilità di elemento della vita moderna, si mette in comunicazione coi tecnici, con gli intraprenditori, colloca al centro delle sue aspirazioni non il pensiero del proprio utile, ma un ideale di progresso tecnico, che gli permetta di realizzare sempre meglio le sue capacità .» 12 Gobetti non mette, dunque, in discussione quella che oggi chiameremmo la ‘centralità dell’impresa’ e, con essa, dell’imprenditore L’operaio, acquisendo sempre maggiori conoscenze tecniche, deve rendersi partecipe dello sviluppo economico dell’azienda e del Paese, del quale anch’egli beneficerà Dev’essere promosso per i meriti conseguiti sul campo Il sistema proporzionale, la lotta di classe, ch’egli esalta, a differenza del vecchio ceto dirigente liberale, il liberismo economico, sono per Gobetti gli strumenti per la ‘selezione dei migliori’, per la creazione di una società ‘meritocratica’, efficiente, che, però, sia sempre capitalistica Egli può essere considerato un precursore del ‘capitalismo buono’, del quale oggi tanto si discute Ben altro è il ruolo che Gramsci attribuisce alla classe operaia Essa dev’essere «classe generale», deve spogliarsi dei propri egoismi corporativi, per rappresentare gli interessi di tutti gli sfruttati, dei quali deve assumere la guida, realizzando un «blocco storico» che si opponga a quello borghese e che assuma direttamente il potere, spazzando via la società capitalistica e Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 14 creando una società di uomini liberi ed eguali, una società comunista fondata sull’abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione Il proletariato, nella visione gramsciana, deve acquisire, già nell’ambito della società capitalistica, l’«egemonia culturale», per realizzare quel consenso che è necessario per prendere il potere Un ruolo fondamentale, in questa lotta egemonica, viene da lui riconosciuto agli intellettuali, «organici» non nel senso che devono essere asserviti al partito e ai suoi ordini, perché l’«organicità» va invece vista in funzione del progetto di «riforma morale ed intellettuale» che la classe operaia e i suoi alleati devono realizzare Una divergenza di fondo separa, dunque, il pensiero di Gobetti da quello di Gramsci: egli immagina una rivoluzione liberale e liberista, di cui siano promotrici la classe operaia e la classe contadina, assieme all’intellettualità borghese illuminista, che la nuova rivista gobettiana chiama a raccolta e della quale vuol essere strumento di formazione politica e culturale Questa divergenza rimarrà per tutta la vita Il legame con i comunisti de L’Ordine Nuovo, pur tuttavia, viene rimproverato ripetutamente a Gobetti dal regime fascista, salito al potere nel 1922, che, avvertendo subito il pericolo che la rivista di Gobetti potesse costituire il coagulo dell’intellettualità progressista, di un’opposizione borghese al regime, comincia a bersagliarlo con arresti, sequestri del giornale, guerra psicologica che si trasforma in aggressione fisica, fino a provocarne la morte In occasione dell’arresto, avvenuto il 29 maggio 1923, il sottosegretario agli Interni, Finzi, così risponde alle interrogazioni parlamentari di protesta: «Gobetti era stato redattore dell’Ordine Nuovo, di Torino, giornale antinazionale; la rivista che egli dirige conduce da tempo una campagna contro le istituzioni e il governo fascista; il prefetto si è perciò sentito in diritto di far operare una perquisizione e il fermo di Gobetti per misure di ordine pubblico .» Mussolini in persona ordina al prefetto di Torino di «rendere la vita difficile» a Gobetti, il quale si fa portavoce di un’opposizione intransigente, a viso aperto, di carattere etico al regime fascista La sua prosa giornalistica, sulle colonne de La Rivoluzione Liberale, ne risente, si fa «scattante e fremente», tesa, ma, nel contempo, flessibile, pronta al guizzo satirico Gobetti vuole ribattere colpo su colpo, senza tregua, al regime, attaccare da ogni lato, con uno stile pungente, teso, ironico e sferzante, il «fascismo corruttore, dannunziano, romagnolo, facilone, ottimista», come lo ha definito con efficacia Paolo Spriano . 13 Gli scritti dell’inverno 1922/ 1923 e della primavera 1923, secondo lo storico del movimento operaio, 14 hanno proprio queste Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 15 caratteristiche, fondono motivi etici e giudizio politico, rappresentano il fascismo come punto di sbocco della tradizione reazionaria del Paese, che assomma corruzione e finto moralismo, attacco alla cultura vera e velleitarismi artistico-letterari, falso ottimismo, faciloneria, difesa della ‘genuina’ civiltà contadina, del ‘romagnolismo’, e dinamismo ‘futurista’, conforme alla ‘civiltà della macchina’ Anche l’ex ‘maestro’ d’un tempo, Prezzolini, accusa Gobetti di ‘collusione’ con i comunisti Egli scrive, il 23 dicembre 1923, sul Mezzogiorno: «Piero Gobetti crede, mettendosi contro il fascismo, di lavorare per una nuova classe dirigente liberale, ma non si accorge di lavorare per altri che, appena saranno al potere, diventeranno ancora meno liberali di Mussolini, ché i tempi stessi non sono più liberali .» Per converso, Luigi Einaudi, in un articolo pubblicato sul Corriere della Sera nell’ottobre 1922, «dopo aver lamentato la pigrizia mentale del vecchio liberalismo piemontese», del quale pure egli fa parte, e «la ripugnanza della classe politica liberale verso gli studi teorici», 15 esalta, con una punta di amarezza, il fervore culturale nuovo che anima, invece, i giovani comunisti e liberali, riuniti intorno al giornale di Gramsci ed alla rivista di Gobetti Egli scrive: «L’intellettualismo militante sembra essersi rifugiato a Torino nell’Ordine nuovo senza dubbio il più dotto quotidiano dei partiti rossi ed in qualche semiclandestino organo giovanile, come il settimanale Rivoluzione Liberale sulle cui colonne i pochi giovani innamorati del liberalismo fanno le loro prime armi, e per disperazione dell’ambiente sordo in cui vivono, sono ridotti a fare all’amore con i comunisti dell’Ordine nuovo .» 16 Fu proprio Gramsci, a conferma di tale sodalizio, che chiamò Gobetti a redigere la critica teatrale sulle colonne de L’Ordine Nuovo (1921-1922) Norberto Bobbio osserva acutamente: «per circa due anni, la principale attività pubblica di Gobetti fu la collaborazione alla rivista comunista» . 17 Va ricordato incidentalmente che Gramsci, a sua volta, aveva scritto numerosi articoli di critica teatrale, dal 1916 al 1920, sull’edizione torinese del quotidiano socialista Avanti! Il 23 dicembre 1924 uscì il primo numero de Il Baretti, rivista culturale che affiancò per un anno, come supplemento quindicinale, La Rivoluzione Liberale, e, dopo la morte di Gobetti, proseguì, fino al dicembre 1928, Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 16 per iniziativa di alcuni di quelli che ne erano stati i principali collaboratori Già il titolo ha valore programmatico: il giovane intellettuale liberale si richiama esplicitamente a Giuseppe Baretti, letterato illuminista e preromantico torinese, dal quale Gobetti mutua la visione della critica come «frusta culturale e civile» Gli obiettivi che Gobetti intende perseguire sono condensati nell’editoriale apparso sul primo numero, intitolato Illuminismo . 18 Come è stato opportunamente rilevato da Pietro Polito, il «nuovo illuminismo» vagheggiato da Gobetti, di cui Cattaneo gli appare come isolato precursore, rappresenta «uno sviluppo del suo liberalismo», innanzitutto in quanto «la rivalutazione dell’illuminismo si collega perfettamente con il principio liberale della fecondità del conflitto nella battaglia delle idee» . 19 Gobetti, inoltre, «mostra un maggiore interesse per il liberalismo come teoria dei diritti dell’individuo» . 20 «E in tale atteggiamento, accanto a una ragione di carattere storico, l’antifascismo, sembra influire una ragione di carattere teorico: l’incontro con l’illuminismo .» 21 Va, ancora, richiamato quel che ha scritto Norberto Bobbio con riferimento a Gobetti, cioè che egli «intende il concetto d’illuminismo un po’ ambiguamente sia come categoria storica, cioè come l’antitesi di romanticismo, sia come categoria etica, cioè come designante l’autonomia dell’uomo di lettere dal principe .» 22 Tutto ciò emerge dall’articolo programmatico Illuminismo Gobetti intende combattere l’irrazionalismo e il romanticismo, che tanta parte hanno avuto nella cultura italiana e che hanno finito per confluire nella cultura di appoggio al fascismo, sotto forma, ad esempio, di «estri del futurismo» e di «medievalismo dannunziano» . 23 Nota che gli slanci irrazionalistici e sentimentali di stampo neo-romantico, gli «atteggiamenti incendiari, avveniristici e ribelli», indicavano «coscienze deboli, destinate a servire» . 24 Così successe che certi intellettuali italiani, «con la stessa audacia spavalda con cui erano stati guerrieri in tempo di pace, vestirono abiti di corte, felici di plaudire al successo e di cantare le arti di chi regna» . 25 Il Baretti si propone obiettivi completamente opposti Vuole richiamare gli uomini di cultura alla ragione, alla riflessione pacata, per «consolidare una sicurezza di valori e di convinzioni», per «salvare la dignità» 26 e l’autonomia dal potere, per difendere i diritti fondamentali dell’individuo contro la dittatura e la barbarie fascista A Il Baretti collaborarono intellettuali come Benedetto Croce, Emilio Cecchi, Aldo Garosci, Leone Ginzburg, Eugenio Montale, Umberto Saba, Natalino Sapegno, Sergio Solmi Mario Fubini 27 ha giustamente sottolineato che questi collaboratori non costituirono un «gruppo» unito da «affinità di gusto e di intenti» Il collante fu rappresentato dall’opposizione al fascismo e alla sua cultura irrazionalista, guerrafondaia e distruttiva Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 17 Per quanto riguarda l’attività di critico letterario, Gobetti rende omaggio a Croce, si riconosce implicitamente suo allievo Rispondendo a un referendum lanciato dalla rivista Poesia ed Arte, nell’agosto 1921, considera il filosofo neo-idealista come lo scrittore più rappresentativo della sua epoca Ma del pensiero di Croce e della sua concezione estetica egli ha una visione originale, che ne contraddice i reali connotati Nella visione gobettiana, colui che riduce la poesia ad «intuizione lirica» e, successivamente, ad «intuizione cosmica», escludendo un’analisi globale del testo letterario, delle sue interconnessioni con i «contesti» (storico-politico, economico-sociale, ideologico, culturale, letterario) diventa, così, il massimo rappresentante della «compiutezza», l’interprete autentico del «bisogno di profondità, che sorge dall’intimo», contrapposto dal giovane critico torinese alle «indeterminatezze» che dominano, secondo lui, la letteratura e la cultura del suo tempo Gobetti, credendo d’ispirarsi a Croce, si fa assertore ed interprete di una «critica integrale», fondata sulla fusione tra storia letteraria e storia politica, ch’egli rivendica in un numero speciale di Energie Nove, datato 31 ottobre 1919, e dedicato al rinnovamento dell’insegnamento scolastico Gobetti, nel contempo, ha un’idea chiara del rapporto tra «poetica» e «poesia»: «Egli discerne sempre tra aspirazioni, ideali e utopie e la loro resa letteraria La sua vivezza d’interprete delle singole opere è anzi nel misurare il divario tra tensioni progettuali e la loro risoluzione in campioni di stile, tra poetica e poesia .» 28 Le sue riflessioni di critica letteraria s’ispirano, sin dagli esordi, a questa visione «integrale» dell’opera d’arte Significativa, a tal proposito, la commemorazione di Dante 29 ch’egli tiene, nel 1921, a beneficio dei commilitoni, mentre presta servizio militare, e che viene pubblicata postuma Del ‘sommo poeta’ Gobetti coglie la complessità, l’«angoscioso dissidio», 30 che, però, culmina in una «serena superiorità del poeta col filosofo: anzi, del mistico col razionalista; dell’uomo che vuol afferrare tutto in uno e del paziente indagatore dei singoli fatti» . 31 Questa visione unitaria dell’opera dantesca è, invece, estranea a Benedetto Croce, il quale della Divina Commedia salva solo alcuni canti e considera tutti gli altri «strutturali», perché, secondo lui, non si può fare poesia della teologia, della filosofia, della politica Per Gobetti, inoltre, Dante è «l’ultima espressione perfetta del Medioevo e la prima affermazione del mondo moderno», 32 l’anticipatore di quella visione laica dello Stato che, attraverso gli umanisti, sfocerà poi in Machiavelli . 33 Gobetti rappresenta in Dante la figura dell’intellettuale militante, nella quale egli si riconosce . 34 Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 18 In polemica con la prassi consolidata dalle recensioni di favore, propiziate dagli stessi editori, come Treves, 35 Gobetti è fautore di una critica vivace, fondata sul contrasto tra le idee Egli scrive: «Vogliamo affermare delle idee, sistemarle, opporle le une alle altre in uno sforzo dialettico infinito com’è lo spirito» . 36 Autorevole rappresentante di un genere che va incoraggiato, la «recensione di battaglia», 37 gli sembra Giovanni Papini, già fondatore, assieme a Prezzolini, della rivista Leonardo: «In mano a Papini, la stroncatura è arma libera e onesta: ha fatto molto bene alla letteratura e le ha fatto molto male quando Papini ha voluto essere più bislacco del solito ed è stato più vuoto .» 38 Di Prezzolini Gobetti evidenzia le contraddizioni, la «frammentarietà» dell’opera, 39 ma esalta, nello stesso tempo, il suo «inappagamento», 40 il suo desiderio inesausto di conoscenza, di verità, di comprensione e di amore per gli uomini, anche se in lui, ad un certo punto, prevale il mistico del successo A Prezzolini, inoltre, Gobetti rimprovera il «peccato originale» di aver anticipato il fascismo, attraverso il «futurismo intellettuale» 41 che impregna le riviste fiorentine di inizio ’900 Questa impostazione, che vede il futurismo come «prefascismo», è stata ripresa e approfondita recentemente, in un suo aureo libretto, da Franco Ferrarotti . 42 Gobetti ama le anime inquiete, eternamente alla ricerca, spesso ossessiva, di nuove frontiere, mai raggiunte, come Scipio Slataper, «insoddisfatto sempre della letteratura», 43 che trae vigore dalle sue contraddizioni, mai conciliate, e presenta uno slancio vitale pur nel gesto finale dell’immolarsi eroicamente Così scrive di lui il giovane intellettuale torinese: «Invece Slataper conchiudeva sul Podgora negando l’arte nella morale, la contemplazione nella vita attiva (non conciliandole, come romanticamente dice lo Stuparich) L’ultima pagina dell’Ibsen è un testamento e una profezia; ma soltanto in quanto si accettino delle misure romantiche e si cerchi la tragedia nonostante l’annuncio del fallimento .» 44 A Marinetti, al quale dedica un ritratto nell’ambito di una programmata «galleria degli imbalsamati», 45 Gobetti contesta l’improvvisazione, lo spirito avventuriero, la vuotezza, la pedanteria, la mancanza di originalità e di fantasia creativa: Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 19 «L’esame del suo stile può confermare la sua incompatibilità con le idee, con la vivacità, con la fantasia I manifesti hanno la vivacità polemica del più tenace e pedante professore tedesco Sono insistenti e noiosi, divisi in capitoli e in paragrafi scolastici come un catechismo, schematici come un trattato Quando s’abbandona all’onda del lirismo, allora le parole in libertà e le proposizioni asintattiche ritraggono la sua anima vuota e sconnessa, le sue doti d’osservatore semplicista devoto al più grossolano impressionismo, senza continuità lirica .» 46 Concludendo provvisoriamente su questo punto, possiamo dire che Gobetti, specie nelle note letterarie pubblicate sulla sua prima rivista, Energie Nove, pur muovendosi nell’ambito di coordinate estetiche crociane, considerando quindi la poesia come espressione dello «spirito» (in una prima fase inteso dal Croce come individuale, in una seconda come «cosmico»), avverte la necessità che quest’ultimo si proietti verso l’esterno, nel tentativo ‘eroico’, di matrice alfieriana, di cambiare la realtà, pur nella consapevolezza del carattere arduo dell’impresa, non sempre destinata a realizzarsi con successo Per questo Gobetti apprezza figure di intellettuali ‘impegnati’ come Dante Alighieri, Giuseppe Prezzolini e Giovanni Papini Per lo stesso motivo esalta Scipio Slataper come lo scrittore «insoddisfatto sempre della letteratura» e della vita, che ingaggia uno scontro ‘eroico’ e mortale con la realtà Piero Gobetti, nel momento in cui inizia la collaborazione, con le sue note teatrali, all’Ordine Nuovo, nonostante la giovane età, ha raggiunto una notevole capacità e originalità critica Sin dal primo articolo, intitolato Preludio, 47 pur senza nominarlo, egli prende le distanze da Benedetto Croce Il filosofo neo-idealista 48 considerava le opere teatrali soltanto dal punto di vista del testo letterario, distingueva, cioè, «poesia teatrale» e «arte scenica», ritenendo solo la prima degna d’essere inserita tra le attività «estetiche» e confinando la seconda nel novero delle funzioni «pratiche» Inoltre, riduceva il teatro a una sottospecie dell’oratoria, l’oratoria d’intrattenimento Gobetti, per converso, nega la distinzione tra «opera di teatro (sia musica o prosa)» e «opera d’arte», in quanto «la poesia drammatica è pure una visione del mondo dello spirito rappresentato dall’artista nell’intimità del suo animo e non è diversa nel suo significato interiore dalla poesia epica o lirica» . 49 Rispondendo, ancora, indirettamente a Croce, afferma che, è vero, «ci sono nel teatro elementi pratici», visto che esso si deve «realizzare come azione scenica», ma «la rappresentazione scenica è soltanto la concretazione, elevata a funzione sociale, di un fatto spontaneo dell’arte», rispondente al «bisogno di oggettivare i sogni del poeta per farsi una cosa sola con lui» . 50 Se in tanta parte del teatro italiano del suo tempo, «l’esecuzione è Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 20 sulla via della convenzione», questa è una conseguenza del fatto che «il convenzionalismo borghese adatta e corrompe secondo la sua degenerazione lo spirito del teatro» . 51 E allora una riforma del teatro impone di «sbarazzare il campo» da tale «convenzionalità», dal «lusso grossolano», «da questa decadenza e da questa esteriorità», che dominano il «gusto moderno», 52 dettato dalla borghesia Gobetti avverte la necessità di una riforma del teatro italiano, anche se si muove ancora nell’ambito di coordinate neo-idealistiche, considerando l’arte una manifestazione dello «spirito», con la quale, però, la messinscena non è in contrasto Nel giustificare questa conciliabilità, usa argomentazioni crociane, individuando presunte contraddizioni del padre del neo-idealismo italiano, configurandosi, paradossalmente, come più crociano del Croce stesso Una conferma viene dalla recensione su L’Ordine Nuovo, il 29 settembre 1921, 53 ad una raccolta di scritti «militanti», intitolata Maschere, 54 di cui è autore Silvio D’Amico, uno dei fautori della riforma del teatro italiano Gobetti, anche se critica altri aspetti, condivide, seppur parzialmente, il dissenso di D’Amico nei confronti delle «conquiste dell’estetica crociana» . 55 Concorda con la concezione di quest’ultimo, secondo la quale l’arte drammatica «crea presupponendo, idealmente se non sempre materialmente, un’integrazione scenica» . 56 Conseguentemente, la critica teatrale «bisogna che consideri non l’opera d’arte in se stessa, ma l’opera d’arte riferita a un fatto che le resta esterno, a un fatto pratico di divulgazione», 57 che consiste nella messinscena e nell’interpretazione degli attori Per valutare la novità di tale impostazione gobettiana, seppur cauta, va precisato che, ancora negli anni Trenta, quando Gobetti è morto da diversi anni, il teatro italiano presenta un notevole ritardo rispetto al panorama europeo, stenta a passare dalla fase del «teatro dei grandi attori» o «capocomicale» a quella del «teatro di regia» È proprio Silvio D’Amico ad introdurre per la prima volta nel nostro Paese il termine «regista» Ma neanch’egli riesce a liberarsi appieno dal ‘retaggio’ crociano, ritenendo che compito precipuo della regia sia quello di tradurre il dramma dal testo scritto alla vita scenica con assoluta fedeltà, escludendo una funzione interpretativa e creativa da parte del regista . 58 Permane, dunque, in lui il primato crociano del testo su tutti gli altri elementi della rappresentazione Gobetti, nelle sue note, che poi trovano il loro punto di sbocco e il loro completamento in un articolo pubblicato nel 1926 su Il Baretti, intitolato significativamente «Il teatro italiano non esiste», 59 si occupa prevalentemente del teatro del suo tempo, del teatro del primo ventennio del Novecento, e lo sottopone a una critica demolitoria, in tutte le sue varianti C’è, da parte sua, una netta condanna del teatro «intimista», di stampo tardottocentesco, del teatro «positivista», del teatro cosiddetto «storico», del tea- Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 21 tro impostato sul «grottesco», di quello «relativista», dell’«ibsenismo» e dello «psicologismo» d’accatto Si tratta di varie forme espressive di una borghesia priva di creatività e di fantasia, che si autocelebra con spirito narcisistico e che ripropone il repertorio logoro del passato Tutto ciò dipende dal fatto che la stessa società italiana non è cambiata nel tempo e di questo immobilismo il teatro risente notevolmente, perché esso è sempre, per l’appunto, «il segno sensibilissimo della società» . 60 Scrive, infatti, Gobetti: «Sotto i programmi di relativismo, di spregiudicatezza, di audacia e di avventura, la società di oggi è quella di ieri: e se la nuova borghesia è più cinica, ama poi vedersi idealizzata dai poeti secondo le regole del vecchio sentimentalismo Il mondo di Niccodemi è generico come quello di Chiarelli, Praga rifiorisce vagamente in Pirandello, Bracco e Brutti non sono meno einsteiniani di Bontempelli e di De Stefani La grande tecnica pirandelliana di Ciascuno a modo suo ha ancora tutto da imparare dai veri maghi della meccanica teatrale: Sardou è dieci volte più relativista dinamico e moderno di Pirandello, futurista da accademia .» 61 A Pirandello, il giovane critico dedica alcune note su L’Ordine Nuovo, che non è il caso di richiamare nella loro singolarità, perché Gobetti successivamente riassume il suo giudizio complessivo sul drammaturgo siciliano nel già citato articolo del 1926 apparso su Il Baretti . 62 Gobetti apprezza Liolà, che definisce «un mito solare, un festoso trionfo di popolo, uno schietto canto fiabesco», 63 una «Mandragola agreste, vissuta nella malizia del villaggio, trasformata in un canto epico alla fecondità» . 64 Apprezza particolarmente la recita di Angelo Musco, vero rappresentante dell’espressività popolare Così lo presenta ora Gobetti: «Angelo Musco, che non era ancora un comico sciupato dal pubblico delle grandi metropoli, fece la sua creazione più bella, tra il melanconico, il tragico e l’antico .» 65 In tal modo, Gobetti modifica un affrettato giudizio espresso, ancora adolescente, nel 1918 su Energie Nove, 66 in cui definiva Angelo Musco un «buffone siciliano», un «pagliaccio», un «attore da ‘varietà’ o da piazza», 67 un «saltimbanco», 68 da «perseguitare» con i fischi . 69 Tale giudizio era motivato dall’ostilità del giovanissimo critico nei confronti dell’invadenza della figura del «grande attore» o «mattatore» nell’ambito del teatro capocomicale Vedremo nel prosieguo della trattazione che Gobetti riconoscerà più tardi, nella fase culminante della sua riflessione critica, il ruolo decisivo e creativo dell’attore Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 22 Gobetti, sempre nel citato articolo del 1926, apparso su Il Baretti, salva, nell’ambito della produzione teatrale di Pirandello, anche Sei personaggi in cerca d’autore, in cui rinviene «toni modernissimi di poeta della dialettica», 70 che sa ben rappresentare «il dissidio tra la verità e la trasfigurazione di essa cui noi assistiamo nell’arte» . 71 Il giovane critico demolisce il resto della produzione teatrale pirandelliana, che pecca, secondo lui, di pedanteria e accademismo Leggiamo nella sua attenta disamina: «Vestire gli ignudi, La vita che ti diedi, Ciascuno a suo modo, e prima Il gioco delle parti, Enrico IV, ecc ., mostrano un Pirandello aulico e pedante che, rovesciando le formule tradizionali, crede di aver scoperto un filone di poesia Tolto alla sua malinconia incolta, patetica e agreste, portato in mezzo ai problemi contemporanei che non intende, Pirandello si è fatto futurista e profeta di dinamismo: il suo dialogo è diventato polemico, giornalistico e spoglio di candore, e il suo mondo si è popolato di sradicati e di giocolieri .» 72 Gobetti apprezza il teatro verghiano, però più per i meriti dell’autore che di quelli che ne hanno curato successivamente, quand’egli scrive le note critiche su L’Ordine Nuovo, la realizzazione scenica, nei confronti dei quali Gobetti manifesta numerose riserve Al pari del Liolà pirandelliano e di contro al verismo importato dalla Francia, che ripropone i limiti «penosi del positivismo», che consistono nella «degenerazione fotografica», nella «fisiologia banale», nella «filosofia degli impotenti», 73 Verga è riuscito a riprodurre un mondo genuino e semplice, che affonda le radici nei secoli, «[un] mondo di umiltà che non ha bisogno di concezioni filosofiche, che non discute di problemi religiosi, ma vive di una sua vigoria primitiva, di una sincerità selvaggia, di una armonia serena che concorrono a costituire gli effetti più elementari Anche senza frammentaria psicologia tormentata d’analisi questo mondo ha la sua religiosità e il suo mistero nella sua rassegnazione e nella sua serietà e si ribella così allo schematismo scientifico dei suoi tempi e alle formulette dell’‘arte veristica’ .» 74 Gobetti gradisce particolarmente La lupa, di cui vanta la «perfetta realizzazione poetica nel dramma», nella quale Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 23 «il Verga è riuscito a porre la Lupa nel suo ambiente, ossia a trasformarla da fatto patologico in realtà artistica matura Qui è la misura generale del dramma non compresa dai critici: in questa giustificazione di pietà che ci fa comprendere la tragicità di gna’ Pina fatta di miseria, di peccato, di rassegnazione, di sventura .» 75 Gobetti, per converso, critica nella sua nota la rappresentazione alla quale ha assistito, «che non ha reso nel principio del primo e del secondo atto quella spensieratezza apparente e quella gioia popolare che dànno la misura della tragedia che sopravverrà» . 76 I personaggi secondari, da parte loro, hanno recitato «con tono farsesco o con furberia popolana accentuata sino a una grossolana vacuità e a una scialba noncuranza» . 77 Ma neanche l’attrice protagonista, Maria Melato, è riuscita ad entrare nello «spirito» del dramma, «si è limitata a una rappresentazione di lascivia ripugnante», che avrebbe dovuto «limitarsi ai momenti culminanti» 78 e, in ogni caso, non avrebbe dovuto «alterare la profonda umanità dell’opera, la commozione della sua amarezza e del suo schianto, della sua rassegnazione e della sua sciagura» . 79 Gobetti si occupa anche di autori stranieri: Aleksandr Ostrovskij, Leonid Andreev, Anton Cecov, Frank Wedekind, Gordon Craig, Max Reinhardt, Adolphe Appia Per limiti di spazio, diciamo solo che il giovane critico rileva che le rappresentazioni di autori e drammi stranieri in Italia sono perlopiù inadeguate e non riescono a riprodurne la dignità artistica Per quanto riguarda il teatro dei secoli precedenti, Gobetti apprezza come autori Machiavelli ed Alfieri, in quanto riescono a ritrarre la vita come concorso di azioni umane Il giovane critico definisce, per l’appunto, Machiavelli «il poeta dell’azione» . 80 Nella Mandragola, infatti, troviamo, al posto di quel «groviglio confuso di interessi» 81 che domina tanta parte del teatro cinquecentesco, un intrigo di superiore «equilibrio», una «partita a scacchi», 82 nella quale, di continuo, «si ragionano, si valutano tutte le forze», 83 che, nel loro equilibrarsi, determinano l’«impulso dialettico» 84 che dà vita all’azione La risultante è un «equilibrio comico a cui tutti gli attori parimenti partecipano» . 85 «E la commedia è la favola della praxis operosa» . 86 Anche nel Saul di Alfieri Gobetti rinviene il concorso di più azioni e volontà nel farsi della vita, tutte dominate dal principio di «coerenza»: «Saul è il capolavoro, solo perché in questo gran quadro della fantasia alfieriana s’oppone chiaramente volontà a volontà, passione inesorabile a chiusa passione: e alla lotta presiede un crite- Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 24 rio di armonia e di identità volitiva Micol, Abner, Achimelech, David, Gionata, sono figli di una stessa disperazione che li conduce a dissolversi volontariamente e a rappresentare nella catarsi della loro rinuncia quasi le fasi e gli elementi dell’agitata coscienza di Saul Tutti restano fedeli al loro fato, temprati di uno stesso fuoco che s’alimenta della febbre di voler essere divinamente se stessi Il nuovo criterio dell’eroico alfieriano non è più nell’aspirazione, ma nel chiuso spasimo della coerenza .» 87 Gobetti, invece, esprime un giudizio demolitorio nei confronti di Goldoni . 88 Egli contrappone il grande commediografo veneziano a Machiavelli e ad Alfieri, perché al contrario di costoro, non riesce a realizzare «un’unità meditata conscia di pensiero e di linguaggio, di impostazione generale e di esecuzione particolare, di azione e di caratteri» . 89 «Goldoni non studia, non elabora; dinanzi alla realtà egli non se la sa trasfigurare, ma la nota, banalmente, né vi introduce un principio spirituale .» 90 Gobetti rivolge a Goldoni l’accusa di «leggerezza», 91 di «superficialità»: «La sua arte è nel dialettico sviluppo di ironia o di giocondità di un mondo superficiale che non deve essere considerato con profondità psicologica, ma che bisogna guardare con spensieratezza, dimenticando: la sua poesia è nella delicata agilità con cui ogni movimento si produce .» 92 Sappiamo bene che la critica successiva, quasi all’unanimità, ha smentito questo giudizio gobettiano, riconoscendo la profondità psicologica dell’opera goldoniana nel rappresentare il mondo borghese Gobetti forse è stato traviato dall’ostilità per la borghesia pragmatica, arrivista, opportunista, e, nel contempo, moralmente e spiritualmente superficiale, disincantata, frivola, propria dell’Italia sua contemporanea, ch’egli ha proiettato nel passato, identificandola nell’opera di Goldoni Nel 1923 Gobetti pubblica il volumetto La frusta teatrale, per i tipi del Corbaccio, in cui raccoglie e rielabora un numero limitato degli articoli di critica già apparsi, nel periodo 1921-’22, su L’Ordine Nuovo e altri periodici Non si tratta di una semplice riproposizione, ma di un profondo ripensamento, che lo porta a rivedere alcune idee fondamentali Significative novità riguardano l’analisi del rapporto tra testo letterario e attore Gobetti se ne occupa nella parte dedicata a Eleonora Duse, un’attrice dalla quale era rimasto affascinato Egli scrive: Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 25 «C’è nell’attore una personalità di critico d’arte, che rivive l’opera secondo la propria comprensione, quasi con una meditata presenza […] Per questa esplicita personalità artistica, il critico attore può e deve interpretare opere lontane dalla sua cosiddetta sensibilità, e l’interpretazione, notata come esegesi, ha la validità di uno studio critico .» 93 L’attore di talento non si limita, dunque, a veicolare il testo, ad esserne solo ligio esecutore, ma assume una funzione critica, che viene ben specificata, nei suoi connotati, da Guido Davico Bonino: «Per Gobetti l’attore ideale è colui che, senza sminuire la propria individualità, realizza quel particolare tipo d’interpretazione, che è una vera e propria ‘lettura critica’ del testo rappresentato Costui, nel comprendere e spesso integrare il testo, si propone come una sorta di ‘critico primo’ del medesimo: il recensore dinanzi a lui non potrà che essere un «critico di secondo grado», dal momento che realizzerà una «critica dell’interpretazione scenica o critica della critica» .» 94 Gobetti va ben oltre la critica crociana, che riconosce il ‘primato assoluto’ del testo Difatti, Benedetto Croce, pur recensendo benevolmente La frusta teatrale su La Critica, il 20 luglio 1923, prese le distanze dalla visione gobettiana dell’attore come «critico», contrapponendo ad essa quella, più congeniale alla sua estetica, dell’attore come traduttore che, se è bravo, suscita nel pubblico il desiderio di conoscere il testo nell’originale, cioè di leggere il testo . Gobetti si pone, dunque, lungo una linea che poi porterà alla visione brechtiana dell’attore che assume un ruolo non solo critico, ma addirittura, se occorre, di denuncia del personaggio che rappresenta Si tratta del cosiddetto «teatro epico» . 95 Ma siamo già oltre Abstract. Der Aufsatz befasst sich mit einer bedeutenden Figur des 20 Jahrhunderts: dem Turiner Piero Gobetti (1901-1926) Seine Tätigkeit als Literatur- und Theater-Kritiker mündet in der Gründung von zwei Zeitschriften Die erste, Energie Nove, gegründet 1918 zusammen mit einigen Zeitgenossen, erschien bis 1920 und folgte dem Modell der Zeitschriften La Voce von Giuseppe Prezzolini und L’Unità von Gaetano Salvemini Die zweite, La Rivoluzione Liberale, wurde kurz darauf gegründet Im Bereich der poli- Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 26 tisch-ideologischen Fragen weicht Gobetti in der Meinung über die Rolle der Arbeiterklasse von Antonio Gramsci ab Während Gramsci sie in einer hegemonialen Funktion sieht, sieht sie Gobetti hingegen in der Funktion eines «guten Kapitalismus» Nach einer kurzen Skizze des Lebens und der Kerngedanken dieser Persönlichkeit, präsentiert der Artikel seine Beschäftigung als Literatur- und Theater-Kritiker Seine Schriften sind von der Diskussion der literaturkritischen Begriffe Benedetto Croces inspiriert und widmen sich wichtigen Autoren früherer Epochen und seiner eigenen Zeit, wie Dante, Goldoni, Pirandello Gobetti schafft es in seinem kurzen Leben, trotz eines deutlichen Einflusses der Tradition seiner Zeit, sich als ein freier und selbständiger Geist durchzusetzen Note 1 Carlo Levi, in: Piero Gobetti e la Rivoluzione liberale, quaderno clandestino 7 di Giustizia e Libertà: dall’Italia, giugno 1933, serie II, p . 34 2 Natalino Sapegno, «Rivoluzione Liberale», in: Risorgimento, anno I, n . 5, maggio 1945 3 Piero e Ada Gobetti, Nella tua breve esistenza. Lettere (1918-1926), a cura di Ersilia Alessandrone Perona, Torino: Einaudi 1991, p . 31 4 Andrea Viglongo, «Testimonianze su Gobetti e L’Ordine Nuovo», ora in: Giovanna Viglongo, Noterelle gobettiane, Roma: Robin Edizioni 2003, 2ª edizione (1ª edizione: 2000), pp . 11-21 5 Antonio Gramsci, Scritti giovanili (1914-1918), Torino: Einaudi 1958, p . 272-273 6 Ivi, p . 275 7 Giuseppe Prezzolini, «Per una Società degli Apoti, lettera a Piero Gobetti», in: La Rivoluzione Liberale, anno 1, n . 28, 28 settembre 1922, pp . 103-104 8 Ivi, p . 103 9 Piero Gobetti, «Risposta a Giuseppe Prezzolini», in: La Rivoluzione Liberale, anno 1, n . 28, 28 settembre 1922, p . 104 10 Piero Gobetti, Opere complete. Gli scritti politici, a cura di Paolo Spriano, Torino: Einaudi 1997 (1ª edizione: 1960), vol . I, p . 441 11 Piero Gobetti, La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia, Bologna: Cappelli 1924; ma si cita dall’edizione Einaudi, Torino, 1995, p . 111 12 Piero Gobetti, «Storia dei comunisti torinesi scritta da un liberale», in: La Rivoluzione Liberale, 26 marzo 1922 13 Paolo Spriano, «Profilo di Piero Gobetti», in: Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere, Torino: Einaudi 1977 (2ª edizione), p . 118 14 Ibidem 15 Norberto Bobbio, «Gramsci e Gobetti», in: Trent’anni di storia della cultura a Torino (1920-1950), Torino: Einaudi 2002, p . 5 16 Luigi Einaudi, «Piemonte liberale», in: Corriere della Sera, 14 ottobre 1922; ora in: Cronache di un trentennio, Torino: Einaudi 1963, vol . VI, p . 894 17 Norberto Bobbio, «Gramsci e Gobetti», cit ., p . 9 Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 27 18 Piero Gobetti, «Illuminismo», in: Il Baretti, anno I, n . I, 23 dicembre 1924, siglato: «p . g .»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, a cura di Paolo Spriano, Torino: Einaudi 1969, vol . II, pp . 600-602 19 Pietro Polito, Il liberalismo di Piero Gobetti, Torino: Centro Studi Piero Gobetti 2007, p . 82 20 Ibidem 21 Ibidem 22 Norberto Bobbio, «Il Baretti», in: Trent’anni di storia della cultura a Torino (1920-1950), cit ., p . 46 23 Piero Gobetti, «Illuminismo», cit ., p . 601 24 Ibidem 25 Ibidem 26 Ivi, p . 602 27 Mario Fubini, «Consuntivo di una esperienza», in: Il Baretti (1924-1928), a cura di Maria Clotilde Angelini, Roma: Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri 1978, pp . 11-12 28 Guido Davico Bonino, «Introduzione», in: Piero Gobetti, Lo scrittoio e il proscenio, Nardò (Lecce): Controluce 2014, p . 12 29 Piero Gobetti, «Dante», da un manoscritto del 1921, pubblicato postumo in: Europa Letteraria, anno II, n . 9-10, giugno-agosto 1961, pp . 13-17, con il titolo «Dante primo uomo moderno»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., pp . 487-491 30 Ivi, p . 488 31 Ibidem 32 Ibidem 33 Ivi, p . 490 34 Ivi, pp . 490-491 35 Piero Gobetti, «La critica letteraria dei giorni nostri», in: Energie Nove, serie I, n . I, 1-15 novembre 1918; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., pp . 440-443 36 Piero Gobetti, «La cultura e gli editori» . II, in: Energie Nove, serie II, n . 6, 25 luglio 1919, sotto lo pseudonimo di «Rasrusat»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., p . 466 37 Piero Gobetti, «La critica letteraria dei giorni nostri», cit ., p . 440 38 Ibidem 39 Piero Gobetti, «Prezzolini (Appunti)», in: Poesia ed Arte, anno III, n . 8, agosto 1920; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., pp . 484-485 40 Piero Gobetti, «Anime religiose: Giuseppe Prezzolini», in: L’Ora, Palermo, 17-18 ottobre 1923; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., p . 569 41 Ivi, p . 567 42 Franco Ferrarotti, Futurismo come prefascismo. Emozione contro Ragione. Il filo rosso della storia italiana, Chieti: Solfanelli 2016 43 Piero Gobetti, «Scipio Slataper», in: Il Popolo Romano, 13 maggio 1923; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., p . 557 44 Ivi, p . 558 45 Piero Gobetti, «Galleria degli imbalsamati: F .T .», in: Il Baretti, anno III, n . I, gennaio 1926, firmato: «Macouf»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, cit ., pp . 609-611 Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 28 46 Ivi, p . 611 47 Piero Gobetti, «Preludio», in: L’Ordine Nuovo, anno I, n . 5, 5 gennaio 1921, siglato: «p . g .»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, Torino: Einaudi 1974, vol . III, pp . 103-105 48 Benedetto Croce, La letteratura della nuova Italia, Bari: Laterza 1914-1915; 1939- 1940, voll . 6 49 Piero Gobetti, «Preludio», cit ., p . 103 50 Ivi, p . 104 51 Ibidem 52 Ibidem 53 Piero Gobetti, «‘Maschere’ di S . D’Amico», in: L’Ordine Nuovo, anno I, n 271, 29 settembre 1921, firmato: «Baretti Giuseppe»; poi, ritoccata, col titolo «L’interpretazione», e riproposta ne La frusta teatrale, Milano: Studio Editoriale Corbaccio 1923; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., pp 10-13 54 Silvio D’Amico, Maschere. Note su l’interpretazione scenica, Milano: Mondadori 1921 55 Piero Gobetti, «‘Maschere’ di S . D’Amico», cit ., p . 10 56 Ibidem 57 Ibidem 58 Paolo Bosisio (a cura di), Storia della regia teatrale in Italia, Milano: Mondadori Università 2003, pp . 60-61 59 Piero Gobetti, «Il teatro italiano non esiste», in: Il Baretti, anno III, n . I, gennaio 1926, firmato: «Silvio Alfiere»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., pp . 676-690 60 Ivi, p . 678 61 Ibidem 62 Piero Gobetti, «Liolà» a Corte, ivi, pp . 683-684 63 Ivi, p . 684 64 Ibidem 65 Ibidem 66 Piero Gobetti, «Pirandello e il buffone Angelo Musco», in: Energie Nove, serie I, n . 3, 1-15 dicembre 1918, siglato: «P . G . »; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., pp . 101-102 67 Ivi, p . 101 68 Ivi, p . 102 69 Ibidem 70 Piero Gobetti, «Liolà» a Corte, cit ., p . 684 71 Piero Gobetti, «Sei personaggi in cerca d’autore», in: L’Ordine Nuovo, anno II, n . I, 1° gennaio 1922, firmato «Baretti Giuseppe»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 427 72 Piero Gobetti, «Liolà» a Corte, cit ., p . 684 73 Piero Gobetti, «Giovanni Verga», in: L’Ordine Nuovo, anno I, n . 173, 23 giugno 1921, nella rubrica «Cronache d’arte», siglato: «p . g .»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 302 74 Ibidem 75 Ivi, p . 303 76 Ivi, p . 304 77 Ibidem Antonio Catalfamo Piero Gobetti critico letterario e teatrale 29 78 Ibidem 79 Ivi, pp . 304-305 80 Piero Gobetti, «La mandragola di N . Machiavelli», in: L’Ordine Nuovo, anno II, n . 214, 5 agosto 1922; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 82 81 Ibidem 82 Ibidem 83 Ibidem 84 Ibidem 85 Ivi, p . 83 86 Ivi, p . 82 87 Piero Gobetti, «Saul e l’Alfieri», in: L’Ordine Nuovo, anno II, n . 154, 4 giugno 1922, firmato: «Baretti Giuseppe»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 496 88 Piero Gobetti, «Gli innamorati di C . Goldoni», in: L’Ordine Nuovo, anno I, n . 186, 6 luglio 1921, siglato: «p . g»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., pp . 316-319 89 Ivi, p . 317 90 Ibidem 91 Ivi, p . 318 92 Piero Gobetti, «Giuseppe Adami», in: L’Ordine Nuovo, anno I, n . 154, 4 giugno 1921, nella rubrica «Cronache d’arte», siglato «p . g .»; ma si cita sin d’ora da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 280 93 Piero Gobetti, «Confidenze con l’ignoto», in: La frusta teatrale, cit .; ma si cita da Opere complete. Scritti di critica teatrale, cit ., p . 30 94 Guido Davico Bonino, «Introduzione», cit ., p . 43 95 Bertolt Brecht, Scritti teatrali, Torino: Einaudi 2004 Bibliografia Angelini, Maria Clotilde (a cura di): Il Baretti (1924-1928) . Roma: Edizioni dell’Ateneo & Bizzarri 1978 Bagnoli, Paolo: Piero Gobetti. Cultura e politica in un liberale del Novecento Firenze: Passigli 1984 Bergami, Giancarlo: Da Graf a Gobetti: cinquant’anni di cultura militante a Torino (1876-1925) . Torino: Centro Studi Piemontesi 1980 Bobbio, Norberto: «Gramsci e Gobetti», in: Trent’anni di storia della cultura a Torino (1920-1950), Torino: Einaudi 2002, pp . 5-14 Bosisio, Paolo (a cura di): Storia della regia teatrale in Italia . Milano: Mondadori Università 2003 Brecht, Bertolt: Scritti teatrali . Torino: Einaudi 2004 . Traduzioni di Emilio Castellani, Roberto Ferromani e Renata Mertens Catalfamo, Antonio: «Gramsci, Gobetti e la ‘temperie vociana’», in: Il racconto della realtà, Chieti: Solfanelli 2012, pp . 101-122 Catalfamo, Antonio: Antonio Gramsci, una «critica integrale». Giornalismo, letteratura e teatro . Chieti: Solfanelli 2015 Croce, Benedetto: La letteratura della nuova Italia . Bari: Laterza 1914-1915; 1939-1940, voll . 6 Bonino, Guido Davico: Gramsci e il teatro . Torino: Einaudi 1972 Piero Gobetti critico letterario e teatrale Antonio Catalfamo 30 Bonino, Guido Davico: «Introduzione», in: Piero Gobetti, Lo scrittoio e il proscenio, Nardò (Lecce): Controluce 2014 Ferrarotti, Franco: Futurismo come prefascismo. Emozione contro Ragione. Il filo rosso della storia italiana . Chieti: Solfanelli 2016 Frabotta, Maria Adelaide: Gobetti. L’editore giovane . Bologna: Il Mulino 1988 Gervasoni, Marco: L’intellettuale come eroe. Piero Gobetti e le culture del Novecento Milano: La Nuova Italia 2000 Gobetti, Piero: «Risposta a Giuseppe Prezzolini», in: La Rivoluzione Liberale, anno 1, n . 28, 28 settembre 1922 Gobetti, Piero: La Rivoluzione Liberale. Saggio sulla lotta politica in Italia . Bologna: Cappelli 1924 Gobetti, Piero: Opere complete. Gli scritti politici, a cura di Paolo Spriano Torino: Einaudi 1997 (1ª edizione: 1960), vol . I Gobetti, Piero: Opere complete. Scritti storici, letterari e filosofici, a cura di Paolo Spriano . Torino: Einaudi 1969, vol . II Gobetti, Piero: Opere complete. Scritti di critica teatrale . Torino: Einaudi 1974, vol . III Gobetti, Piero e Ada: Nella tua breve esistenza. Lettere (1918-1926), a cura di Ersilia Alessandrone Perona . Torino: Einaudi 1991 Gramsci, Antonio: Letteratura e vita nazionale . Torino: Einaudi 1954 (4ª edizione) Gramsci, Antonio: L’Ordine Nuovo (1919-1920) . Torino: Einaudi 1954 Gramsci, Antonio: Scritti giovanili (1914-1918) . Torino: Einaudi 1958 Levi, Carlo, in: Piero Gobetti e la Rivoluzione liberale, quaderno clandestino 7 di Giustizia e Libertà: dall’Italia, giugno 1933, serie II Polito, Pietro: Il liberalismo di Piero Gobetti . Torino: Centro Studi Piero Gobetti 2007 Prezzolini, Giuseppe: «Per una Società degli Apoti», lettera a Piero Gobetti, in: La Rivoluzione Liberale, anno 1, n . 28, 28 settembre 1922 Revelli, Marco: «Gobetti ‘liberal-comunista’? », in: Michelangelo Bovero/ Virgilio Mura/ Franco Sbarberi (a cura di), I dilemmi del liberalsocialismo, Roma: La Nuova Italia Scientifica 1994, pp . 63-84 Sapegno, Natalino: «Rivoluzione Liberale», in: Risorgimento, anno I, n . 5, maggio 1945 Spriano, Paolo: Gramsci e Gobetti. Introduzione alla vita e alle opere . Torino: Einaudi 1977 (2ª edizione) Viglongo, Andrea: «Testimonianze su Gobetti e L’Ordine Nuovo», ora in: Giovanna Viglongo, Noterelle gobettiane, Roma: Robin Edizioni 2003, 2ª edizione (1ª edizione: 2000), pp . 11-21 .