eJournals Italienisch 38/75

Italienisch
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
2016
3875 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

Claudia Crocco: La poesia italiana del Novecento. Il canone e le interpretazioni. Roma: Carocci 2015, pp. 222, € 18,–

2016
Mariagrazia Farina
Kurzrezensionen 166 Claudia Crocco: La poesia italiana del Novecento. Il canone e le interpretazioni. roma: Carocci 2015, pp. 222, € 18,- Questa prima monografia di Claudia Crocco vuole essere un tentativo di ricostruzione del canone della poesia novecentesca, con la speranza che tale operazione stimoli la riflessione sul cambiamento cui la lirica italiana è soggetta da circa quarant’anni. L’autrice, una dottoranda dell’Università di Trento, prova anche ad illustrare i motivi per i quali alcuni autori non hanno trovato subito un posto all’interno del canone. Di molti di questi, poi, si accoglie solo una parte della produzione letteraria. L’esempio più emblematico di questa situazione è costituito dalla sorte toccata a Franco Fortini, il quale viene ricordato soprattutto per gli alti esiti raggiunti con la prosa, a scapito dunque della produzione in versi. Il percorso analitico intrapreso da Crocco è di natura diacronica: l’autrice comincia infatti la sua disamina dal Modernismo per giungere fino agli anni Novanta del secolo scorso. Divisa in otto capitoli, a loro volta preceduti da un’introduzione, la monografia prende le mosse dalla definizione stessa di canone. In greco antico il Kανών designava uno strumento di misurazione. Per quanto riguarda il suo significato odierno, si fa qui riferimento a Luperini il quale, dopo aver riflettuto sull’intrinseca ambiguità semantica del termine ‘canone’, lo definisce come l’insieme di norme che fonda una tradizione, senza dimenticare l’accezione legata alla ricezione dei testi. Ciononostante, attualmente i due sensi tendono a sovrapporsi. È inoltre innegabile, a detta dell’autrice, che il concetto di ‘classico’ abbia subìto un duro colpo dopo l’affermazione del post-strutturalismo e degli studi coloniali. Al momento, dunque, non esiste più una sola tradizione, ma tante proposte concorrenti. Un punto cruciale dell’introduzione è la riflessione che Crocco fa sulla situazione italiana, messa a confronto con quella statunitense. Mentre, infatti, in America il dibattito sul canone ha assunto ampio respiro per vari motivi, non ultimo il ruolo per nulla marginale dei cultural studies, nel nostro paese la situazione appare completamente diversa. Soprattutto per ragioni storiche, infatti, in Italia si è diffuso un modello di canone definito da Croce ‘monolitico o binario’, fatto, questo, che reca in sé una conseguenza negativa, ossia il tardivo riconoscimento del valore di scrittori non appartenenti ad una corrente dominante. Tutto ciò fa sì che si debba attendere fino agli anni Novanta per assistere, anche in Italia, alla messa in discussione di concetti come quelli di ‘classico’, di ‘tradizione’ e di ‘canone’. Ovviamente, come ben sottolinea Crocco, tale evento porta alla crisi della tradizione della poesia, che è visibile soprattutto nelle raccolte. Sarà proprio l’antologia, tra l’altro, il genere privilegiato dall’autrice per la sua indagine, proprio perché essa, alla stregua del concetto di canone, appare ambigua, 2_IH_Italienisch_75.indd 166 30.06.16 17: 11 Kurzrezensionen 167 giacché vuol trasmettere un testo prescindendo dalle coordinate storiche, pur basandosi su una scelta condizionata dal momento in cui l’opera viene allestita. A questo punto, Claudia Crocco si sofferma sulla problematicità della ricostruzione di un canone condiviso, soprattutto per quanto riguarda l’ultimo quarto di secolo. Il pregio principale di questo lavoro sta nell’aver dato spazio anche a correnti e categorie che, almeno fino ad oggi, non hanno avuto grande risonanza presso la critica. La prima di queste è il Modernismo, di cui si inizia a parlare tardi in Italia rispetto al resto d’Europa. A tal proposito, emerge la volontà dell’autrice di considerare il Modernismo non tanto come un movimento, quanto come una categoria interpretativa, sulla quale tuttavia appare ancora aperto il dibattito critico. Uno studioso che si è cimentato nella sua periodizzazione è Luperini, il quale lo suddivide in due fasi diverse, affermando che alcune tracce di esso si riscontrano in autori temporalmente successivi. Ciò che è certo è che la corrente in questione prevede una presa di distanza dall’idea di poesia moderna affermatasi durante il periodo romantico. I poeti modernisti fanno addirittura fatica a riconoscersi un valore pubblico, come avviene nel caso di Palazzeschi e Gozzano. Prende piede, poi, un nuovo modo di rappresentare il mondo contemporaneo, che è ben lontano dall’esaltazione della modernità tanto cara ai futuristi. Prevale inoltre una dimensione cronologica frammentaria e non c’è proiezione verso il futuro. Secondo l’autrice, i primi quindici anni del Novecento rappresentano un momento cruciale per la poesia contemporanea, che alimenta il dibattito critico sulle riviste, molte delle quali, come La critica di Croce, Leonardo e La voce, vengono fondate proprio in questi anni. In particolare, La voce diventerà una delle principali sedi di discussione del canone letterario. Nella sezione successiva, l’autrice si occupa del Crepuscolarismo, citando excerpta di poesie di diversi scrittori. Tale modus operandi connota l’intera monografia e si rivela un procedimento molto utile per la comprensione pratica delle diverse poetiche considerate. L’inutilità della scrittura sembra costituire un Leitmotiv di questi paragrafi. Dopo essersi soffermata su Corazzini e Gozzano, Claudia Crocco si occupa di Dino Campana, uno dei poeti più controversi nel canone della prima metà del Novecento, Clemente Rebora, che pure inizialmente non ha avuto grande fortuna presso i contemporanei, e Camillo Sbarbaro, il cui merito è quello di aver introdotto il primo esempio di autobiografia psicologica in senso moderno nella poesia. Il secondo capitolo si apre con una panoramica sulla poesia dell’Italia fascista. Viene dato particolare rilievo alla rivista Solaria ed agli intellettuali che ne fanno parte. Evento cruciale degli anni Trenta è la pubblicazione di Sentimento del tempo (1933) di Ungaretti, raccolta che diventa fondamentale per il dibattito italiano sulla poesia. Altrettanto decisiva è l’uscita di La 2_IH_Italienisch_75.indd 167 30.06.16 17: 11 Kurzrezensionen 16 8 poesia ermetica di Francesco Flora, primo testo in cui si parla sistematicamente dell’ermetismo, la cui importanza sarà ribadita da Luciano Anceschi in Lirici nuovi diversi anni dopo. L’autrice si concentra, a questo punto, sulla ricezione della corrente suddetta fino ai giorni nostri. Si passa poi alla disamina della poetica di Pavese, Noventa e Penna. Per ciò che concerne Pavese, viene dato risalto alla tiepida accoglienza iniziale di Lavorare stanca e, al contempo, al consenso di pubblico ottenuto con La luna e i falò e La casa in collina, il cui successo apre la strada ad una rivalutazione della produzione lirica pavesiana. Ampio spazio viene dedicato a Giuseppe Ungaretti, il cui peso è indiscusso, dal momento che, anche quando non è accolta positivamente, la sua opera è ineludibile per definire la poesia degli anni Venti. Per di più, pur perdendo di centralità a partire dagli anni Sessanta, Ungaretti sarà capitale per le ricostruzioni del canone di Mengaldo, Fortini e Sanguineti. Segue un’accurata focalizzazione sulle opere e sulle diverse poetiche del periodo, sempre con l’ausilio di citazioni tratte dai testi primari. L’ultima sezione del capitolo è dedicata a Saba, di cui viene messa in evidenza la sensibilità moderna. Il terzo capitolo è interamente dedicato a Montale. La scelta appare molto felice, poiché si tratta dello scrittore che più di tutti incide sul canone novecentesco italiano. Merito di Montale è quello di rielaborare la tradizione precedente tenendo conto delle esperienze contemporanee del Modernismo europeo. La parte successiva è incentrata sulle opere e gli autori degli anni Quaranta. Il periodo, oltre ad essere critico per la tragicità degli eventi storici, si rivela portatore di un mutamento radicale anche nell’ambito della poesia. Nel dopoguerra cambiano la rappresentazione del tempo, il rapporto col mondo e la percezione di sé. Inoltre, le posizioni di ermetici e rondisti non appaiono più attuali, quindi si inizia a ricercare altri modelli e nascono nuove correnti critiche. Fondamentale in questo lasso di tempo è l’antologia Linea lombarda di Anceschi, che mette in risalto l’operato di alcuni poeti padani degli anni Cinquanta. Altro dettaglio considerevole, su cui l’autrice indugia con insistenza, è l’attenzione data alla poesia dialettale (basti pensare alla pubblicazione, nel 1952, di Poesia dialettale del Novecento, a cura di Pier Paolo Pasolini). Nella parte finale viene messo l’accento sulla figura di Fortini, i cui contributi hanno inciso profondamente sulla definizione del canone letterario del ventesimo secolo. Ciononostante, la sua produzione poetica è ancora difficile da reperire, se si pensa che un’editio princeps delle sue poesie è uscita soltanto da un anno. L’autrice riprende poi la sua indagine a partire dal 1956, anno importante perché vedono la luce contemporaneamente Laborintus di Sanguineti, La bufera e altro di Montale e la rivista culturale Il Verri. Inoltre, le opere 2_IH_Italienisch_75.indd 168 30.06.16 17: 11 Kurzrezensionen 169 dei dieci anni successivi costituiscono una vera e propria rottura con la tradizione precedente. Benché non si possa parlare della presenza di un movimento definito in questo periodo, l’autrice segnala alcune tendenze generali. In primis, si comincia a parlare di un avvicinamento della poesia alla prosa. In secondo luogo, si assiste ad un ritorno della tendenza modernista e della decomposizione della forma. Un’antologia fondamentale in questi anni è Novissimi, manifesto della Neoavanguardia. Vi sono compresi autori come Pagliarani, Sanguineti, Porta, Balestrini e Giuliani, in altre parole gli stessi che, dopo due anni, daranno vita al Gruppo 63. Questi scrittori vogliono lasciarsi alle spalle la lirica del passato e rompere con la tradizione. Ci si focalizza poi su Sanguineti, autore ormai canonico della letteratura italiana, e su Pagliarani, che, con il romanzo in versi La ragazza Carla, diventerà un modello per altri scrittori. Di una vicinanza al Gruppo 63 si è parlato anche per Amelia Rosselli, per quanto il suo ruolo nel canone rimanga controverso ancora oggi. Di particolare rilievo è la presenza, a partire dagli anni Sessanta, dell’incremento della scrittura femminile, di cui Rosselli rappresenta il caso più emblematico. Sono poi analizzate le poesie di autori come Vittorio Sereni e Franco Fortini. In particolare, la poesia di quest’ultimo si arricchisce di riferimenti a fatti contemporanei o appartenenti ad un passato recente. Costante di questi anni, oltre allo sfumarsi della poesia nella prosa, è la tendenza alla teatralizzazione, riscontrata, per esempio, in Giovanni Giudici. Ovviamente in questa sezione trova ampio spazio anche la poetica di Pier Paolo Pasolini. Si arriva così agli anni Settanta. Il titolo del settimo capitolo, «Il pubblico della poesia», riecheggia quello dell’antologia curata da Alfonso Berardinelli e Franco Cordelli, in cui si documenta per la prima volta la presenza di una nuova generazione di poeti. Berardinelli, all’inizio, parla di «deriva» per definire i libri di poesia pubblicati dopo il 1968. Da questo momento in poi prenderà piede l’idea dell’impossibilità di analizzare la nuova poesia, se non in maniera frammentaria e priva di sistematicità. Infatti, anche i numerosi tentativi di ricostruzione del canone che vengono fatti tra gli anni Settanta e Novanta si caratterizzano spesso per la mancanza di coerenza e si comincia a parlare di poesia postcontemporanea. Si ha dunque una grande frattura nella tradizione lirica del Novecento, preparata dalle vicende politiche e sociali degli anni Sessanta. Anche le antologie sembrano percepire questa crisi, dal momento che fino a Poeti italiani del Novecento di Mengaldo esse sono state uno strumento per fissare il canone poetico e dopo l’uscita di questa antologia perderanno questo ruolo. Gli autori verranno messi tutti sullo stesso piano, come accade in Poesia degli anni Settanta di Antonio Porta, in cui gli scrittori sono antologizzati per annate. 2_IH_Italienisch_75.indd 169 30.06.16 17: 11 Kurzrezensionen 170 A metà degli anni Settanta, Milo De Angelis e Valerio Magrelli sono considerati portatori di novità. Nuove sono altresì le riviste romane degli anni Ottanta come Prato pagano e Braci, che auspicano il recupero della poesia come attività irrazionale. Contemporaneamente, si riscontra la difficoltà di fissare un canone per la fine del Novecento che sia conforme a quello relativo ai decenni precedenti. Verso la fine del secolo si registra anche un aumento dei gruppi poetici, che però non godono dello stesso prestigio del passato, per cui essi si pongono in forte competizione. L’ultima parte del libro di Claudia Crocco è dedicata agli anni Novanta, periodo in cui si registrano tendenze opposte. Se si tenta infatti di ridiscutere il canone inerente alla poesia, è altrettanto vero che si diventa consapevoli dell’inattuabilità di una sua analisi. Le antologie di questi anni, pur intenzionate a fornire un canone di tutto il secolo, in realtà presentano un quadro già accettato e sono pochissime le integrazioni relative alla poesia nata dopo il ’68. Segue una panoramica dei poeti e delle antologie più importanti e si arriva fino alla produzione degli anni Zero. Mesa, Buffoni, Pusterla, Fiori e Anedda sono gli scrittori qui considerati. La presenza di autori poco studiati perché recentissimi, come quelli presentati in questa sezione, costituisce un altro punto di forza della monografia presa in esame. Infatti, l’inserimento di scrittori meno noti, ma non per questo minori, fa riflettere su quanto sarebbe importante elaborare un concetto mobile di canone, cioè aperto a nuovi inserimenti futuri. Mariagrazia Farina 2_IH_Italienisch_75.indd 170 30.06.16 17: 11