eJournals Italienisch 37/74

Italienisch
0171-4996
2941-0800
Narr Verlag Tübingen
2015
3774 Fesenmeier Föcking Krefeld Ott

Un noir ‹impegnato›: a colloquio con Carlo Lucarelli

2015
Carlo Lucarelli
Stephanie Neu
Maria Zannini
2 Un noir ‹impegnato›: a colloquio con Carlo Lucarelli A cura di Stephanie Neu e Maria Zannini Scrittore affermato, ma non solo: sceneggiatore, commediografo, cronista di nera, autore e conduttore di programmi televisivi di successo, docente di scrittura creativa, protagonista lui stesso di una serie di fumetti (Cornelio - delitti d’autore), vincitore di diversi premi letterari… Carlo Lucarelli non ha certo bisogno di presentazioni . La sua grande versatilità oltre a trovare espressione in un’intensa attività televisiva - iniziata nel 1998 - che abbraccia vari format (uno per tutti la trasmissione televisiva Blu notte - Misteri italiani), si manifesta anche nel suo opus letterario, molteplice e differenziato . Nato a Parma nel 1960, Carlo Lucarelli esordisce con il giallo storico Carta bianca (1990), cui hanno fatto seguito - fino a oggi - più di 50 opere, che spaziano dai racconti, ai fumetti, alle graphic novel, ai ‹radiogialli›, ai gialli storici, fino ai noir e ai polizieschi . Lucarelli è autore anche di romanzi collocabili nell’ambito del surreale e dell’horror, di gialli per ragazzi e di opere di carattere saggistico, come una serie di volumi su serial killer, omicidi e lavoro forense, realizzata insieme al criminologo Massimo Picozzi Denominatore comune della sua produzione è un’attenzione particolare ai più diversi registri linguistici e di stile, anche non codificati, e la costante ricerca di moduli narrativi originali che sanno produrre un continuo effetto di sorpresa . Colpisce, ad es ., per le sue inusuali descrizioni dettagliate e sinestetiche di suoni e colori, Almost Blue (1996), un thriller-noir che vede come protagonisti l’ispettrice ‹seriale› Grazia Negro e Simone, non vedente e unico testimone di un omicidio . Frequenti sono i riferimenti intermediali a brani musicali, 1 che fanno da «metafora sonora dell’anima del romanzo, dei sentimenti che voglio raccontare» - ci confida Lucarelli -, come ne Il sogno di volare (2014), che è anche un titolo del cantautore Andrea Buffa, il tributo alla morte sul lavoro di un immigrato L’intervista, condotta da Stephanie Neu e Maria Zannini (Università di Mannheim), si inserisce nel quadro del progetto di ricerca Fattualità letteraria, identità letteraria. Letteratura postcoloniale e transculturale italofona, suoi autori e loro ricezione nel discorso (mediatico) pubblico. Le domande sono rivolte soprattutto al Carlo Lucarelli esponente di spicco del nuovo noir anni ’90 e riguardano le sue indagini sulla realtà ‹oscura›, svolte da punti di vista inusuali e capaci di aprire nuove prospettive sull’Italia di ieri e di oggi Domanda: Il noir, inteso come giallo incentrato sulle piaghe aperte, ma recondite, della società - e non sul classico whodunit - continua a godere di un enorme successo editoriale Sosterrebbe anche Lei, con Massimo Carlotto, che questo genere, in Italia, ha ormai preso il posto del giornalismo investigativo, svelando la verità su fatti di cronaca e politica nella veste di racconto finzionale? Carlo Lucarelli Sono d’accordo con Massimo Carlotto, anche se noi narratori facciamo un mestiere diverso rispetto ai giornalisti Noi raccontiamo spesso cose che non 2_IH_Italienisch_74.indd 2 16.11.15 07: 55 3 A colloquio con Carlo Lucarelli sono state ancora raccontate ma il nostro compito, più che informare direttamente, è mettere in scena dei meccanismi credibili che ci facciano riflettere su come potrebbero andare le cose (che molto spesso coincide con come sono già andate) È quello che cerco di fare con i miei romanzi, cerco di rispondere alle domande che la realtà mi pone attraverso una messa in scena di meccanismi Il problema è che la forma romanzo non viene mai presa troppo sul serio e quando chiudiamo il libro tendiamo a dimenticarci di quello che ci ha detto L’ideale sarebbe tenere sveglio il lettore tre notti di seguito: la prima perché deve finire il libro, la seconda a chiedersi se davvero succedono certe cose, la terza a chiedersi cosa si può fare per cambiarle Le mie tematiche sociali sono tante: la violenza, la corruzione, la criminalità organizzata, il rapporto con la storia, il fascismo latente… Le migrazioni sono un fenomeno del tempo che mi pone domande a cui ancora non so rispondere e che stanno entrando in quello che scrivo D.: Perché il noir si presta particolarmente bene a questo tipo di ‹racconto della verità›? Lucarelli Perché il noir è un racconto che parla delle cose che non funzionano e fa una serie di domande sul perché accadono Ci sono sempre un ‹Uomo che Cerca› e un ‹Uomo che Nasconde› e dal loro confronto nasce l’analisi dei meccanismi che si muovono nella metà oscura del mondo Che è poi la metà più importante perché è da lì che vengono i condizionamenti della nostra vita Soprattutto in Italia, dove potrei scrivere un romanzo dei miei su qualunque argomento, dal cibo, al calcio, alla politica Se guardiamo alla nostra storia recente, i più grandi cambiamenti in Italia sono avvenuti perché è stato ammazzato qualcuno (Enrico Mattei, Aldo Moro…) o perché qualcun altro è finito in galera (il 1992 di Mani Pulite, per esempio) D.: In che rapporto si pongono, nei Suoi romanzi, fatti (di cronaca)/ ‹verità› storica e finzione? Lei indulge, ad es ., in descrizioni minuziose di dettagli, fotografie, riporta documenti (il verbale di un interrogatorio)… Questi elementi, anche quando non sono autentici, fungono da ‹prove› della veridicità del racconto? Lucarelli Noi siamo quelli che dicono i nomi delle strade È una definizione di scrittore noir che ho sentito una volta Noi raccontiamo storie che sembrano incredibili, piene di eventi eccezionali e di snodi misteriosi, e per renderle credibili non basta dire che così è la vita, dove ne succedono anche di peggio, abbiamo 2_IH_Italienisch_74.indd 3 16.11.15 07: 55 4 A colloquio con Carlo Lucarelli bisogno di agganciarci a dettagli reali, addirittura iperrealisti Quando Edgar Allan Poe scrive quello che viene considerato il primo giallo della letteratura lo intitola I delitti della Rue Morgue [1841], che esiste e sta lì, a Parigi, fatta così In questo modo la storia di uno scimmione assassino non è più una favola fantastica ma un fatto di cronaca Così faccio anch’io La realtà mi colpisce (i morti della Uno Bianca 2 , a Bologna, città fino ad allora di tortellini e musica; la criminalità organizzata al nord radicata da anni; il dramma della migrazione in un paese che è stato assurdamente colonialista…) e allora invento una storia che possa indagarla Lo spunto di cronaca è solamente l’inizio e di solito lo perdo subito per correre dietro ai personaggi Nei romanzi storici il dettaglio diventa ancora più importante per rendere l’atmosfera dell’epoca e di come veniva vissuta allora Nei giornali di allora - quando ci sono - più che le notizie di prima pagina vado a vedere le pubblicità D.: Nell’ambito del dibattito sulla letteratura italiana contemporanea, cui ha partecipato il collettivo di scrittori Wu Ming con il memorandum sul New Italian Epic 3 (2008), si è tornati a parlare di responsabilità dello scrittore Vede anche Lei questo comeback di una letteratura che ‹serva› a qualcosa? Le Sue opere potrebbero definirsi ‹impegnate› in questo senso? Lucarelli L’‹impegno› di uno scrittore è scrivere più sinceramente che può e quando la sua scrittura investe tematiche sociali, politiche, storiche o anche psicologiche - insomma, quei fatti che fanno venire le domande -, ecco che lo scrittore diventa ‹impegnato› Il noir, in questo momento - quando appunto è sincero e non di moda -, è impegnato per definizione dal momento che denuncia e critica quello che non funziona o che vorrebbe essere tenuto segreto In questo senso mi ritengo uno scrittore impegnato, in ogni mio romanzo la realtà problematica salterebbe fuori anche se non volessi D.: Secondo Wu Ming lo scrivere non è mai una faccenda puramente personale, ma un lavoro d’équipe Tramite iniziative quali la Bottega Finzioni 4 , anche Lei insegue quest’idea di scrittura collettiva? Lucarelli Ci sono alcune forme di scrittura che sono collettive per necessità (la sceneggiatura, per esempio, i format televisivi) e tante altre che possono esserlo a seconda del carattere di chi le pratica I Wu Ming riescono benissimo a scrivere letteratura in forma collettiva, io non ci riuscirei e le poche cose che ho fatto a quattro mani (come il romanzo con Camilleri) 5 sono di natura molto particolare La Bottega Finzioni, che si occupa di progetti concreti svi- 2_IH_Italienisch_74.indd 4 16.11.15 07: 55 5 A colloquio con Carlo Lucarelli luppati sia in forma di studio didattico che come realizzazione pratica, ha questa vocazione ‹collettiva› che io seguo con grande interesse, anche se come scrittore resto per ora un ‹solitario› D.: Tornando all’impegno letterario, in Italia si comincia a parlare anche di colonialismo, spesso con mezzi letterari insoliti, come in Timira (2013) di Antar Mohamed e Wu Ming 2 Per quale motivo anche Lei ha scelto di affrontare questa tematica e perché tramite il genere del giallo/ noir? 6 Lucarelli Ho cominciato ad occuparmi di storia coloniale perché non ne sapevo abbastanza, anche se avrei dovuto conoscerla meglio visto che me la trovavo attorno tutti i giorni, nei nomi delle strade e delle piazze, per esempio Io sono nato in piazzale Bottego numero 2, a Parma, e per i primi anni della mia vita ho avuto davanti il faccione di pietra di Vittorio Bottego, esploratore e non solo, morto in Etiopia nel 1897 Per anni ho avuto un immaginario più vivido e completo sul generale Custer o su Sandokan che su uomini come lui che avrebbe potuto essere mio bisnonno Poi, come spesso succede, tutta questa semi-ignoranza e tutto questo non-immaginario sono diventati urgenti con le guerre del Golfo e con le tragedie dell’immigrazione: soldati italiani oltre mare a ‹esportare la democrazia› (allora si diceva ‹la civiltà›) e persone con volti e nomi che avrei dovuto conoscere bene e che invece sembravano marziani Personalmente ho sentito il bisogno di costruirmi un universo di sensazioni oltre che di nozioni e il mio modo di farlo è quello di scrivere romanzi che mettano in scena quelle sensazioni e quelle nozioni Ho scelto il noir perché sono soprattutto uno scrittore di noir e perché il racconto della metà oscura delle cose e del loro contesto criminale è purtroppo uno dei mezzi più adeguati per raccontare la storia d’Italia, allora come oggi D.: La Sua ricostruzione si basa su documenti storici oppure si è ispirata a un immaginario cinematografico/ letterario italiano, ma non solo? Lucarelli Non avevo un vero e proprio immaginario letterario o cinematografico sul periodo I film sono pochi e quasi tutti di ambientazione straniera (il colonialismo al cinema è inglese o francese) e così anche i romanzi (uno dei più recenti era Tempo di Uccidere di Flaiano [1947]) Ho letto molto, sia i saggi storici che in quel periodo stavano uscendo in gran numero, sia i tantissimi memoriali scritti dai testimoni dell’epoca, che fossero protagonisti come il governatore Martini o umilissimi soldati e lavoratori Ho visto immagini e disegni e soprattutto sono andato in Eritrea e a Massaua parecchie volte, a 2_IH_Italienisch_74.indd 5 16.11.15 07: 55 6 A colloquio con Carlo Lucarelli ‹sentire› fisicamente odori, suoni, colori (e anche ‹calori›, soprattutto con i 50° di Massaua e della Dancalia) D.: Ne L’ottava vibrazione (pp 60-61) Lei mette in bocca ai personaggi le motivazioni ufficiali e latenti alla base dell’avventura coloniale dell’Italia liberale: «dare sfogo alle plebi diseredate d’Italia»; «Prestigio nazionale, […] a parte la Svizzera, eravamo l’unica nazione civile a non avere una colonia oltremare»; «Missione morale, dobbiamo insegnare a questi selvaggi a portare le scarpe e a non andare in giro con gli attributi all’aria»; «Io sono un imprenditore […] mi interessa di più l’aspetto economico» Franco Manai 7 ci ricorda, inoltre, che «Gramsci ha […] parlato di ‹imperialismo passionale, oratorio, senza alcuna base economico-finanziaria›» Che peso hanno avuto, secondo Lei, questi singoli fattori? Oppure, per dirla con Flaiano, l’Africa è stata piuttosto «lo sgabuzzino delle porcherie» dove «si va a sgranchirsi la coscienza»? Lucarelli Tutte queste cose insieme Mentre scrivevo (e, prima, mentre leggevo) avevo in mente una frase che poi non sono più riuscito a trovare, ma che nei miei ricordi attribuisco ad un osservatore francese: voi italiani siete venuti in Africa senza sapere cosa fare e comunque non avreste i soldi per farlo Da questo punto di vista l’avventura coloniale italiana è stata improvvisata, stracciona e assolutamente disorganizzata Qualcuno è certamente andato laggiù con in testa le illusioni prima citate e ci ha anche creduto per molto tempo, ma era una situazione persa in partenza e quello che è successo ad Adua e soprattutto dopo ne è stata la più ampia dimostrazione Da un altro punto di vista, invece, l’organizzazione e il calcolo ci sono stati, eccome: per distrarre l’opinione pubblica dai problemi interni e per creare una splendida opportunità di lucro Sia l’uno che l’altro punto di vista sono molto ‹italiani› e illustrano parecchi dei nostri problemi attuali Studiati per tempo, forse, sarebbero serviti a prevenirli D.: Franca Sinopoli 8 definisce Un mattino a Irgalem (2001) di Davide Longo e il Suo L’ottava vibrazione «narrative imitative di quelle di argomento coloniale», in cui si ritrovano, secondo la studiosa, gli stereotipi tipici di un ordine del discorso «razzista e derivativo dell’epoca coloniale» per le modalità in cui sono resi i personaggi, spesso ritratti «in modo banalizzato e caricaturale, con una inquietante predilezione per la dimensione animalesca» Non si tratterebbe, dunque, di letteratura postcoloniale, la quale parte, invece, da una rivisitazione di quegli stessi ‹luoghi comuni› Come si pone Lei di fronte a critiche di tal genere? In che cosa si distingue la Sua ‹opera coloniale› dalla 2_IH_Italienisch_74.indd 6 16.11.15 07: 55 7 A colloquio con Carlo Lucarelli letteratura postcoloniale, dalle intenzioni e dalla prospettiva di altri autori che narrano le ex-colonie nel Corno d’Africa, quali Erminia Dell’Oro, Wu Ming 2 e Anthar Mohamed, Ribka Sibhatu, Gabriella Ghermandi et al .? Lucarelli Non sono d’accordo con le legittime e anche utili osservazioni di Sinopoli Di queste e di altre che ho letto ho tenuto conto per riflettere su quello che avevo scritto e anche per quello che sto scrivendo, come è giusto che sia Però non sono d’accordo Io ho scritto un romanzo corale che è soprattutto - se non quasi unicamente - una storia italiana E di italiani di allora Gli stereotipi di cui si parla sono quelli di cui gli italiani di allora vivevano e attraverso quelli prendevano contatto con la realtà africana ed eritrea La mia intenzione era mettere in scena quegli italiani e farli scontrare con la realtà uscendone tutti - tranne uno, il soldato Sciortino, che di stereotipi non ne ha - in un modo o nell’altro perdenti Non ho scritto di eroici soldati, affascinanti avventurieri col mal d’Africa ed esotiche bellezze - quelli sono gli stereotipi - ma di fanatici, illusi, ladri e assassini, alcuni dei quali si illudevano di incarnare lo stereotipo di cui sopra Tutti puniti da una realtà più forte e più concreta che in questo caso è l’Africa, con il Negus e il suo esercito, molto diversa da quella che i miei ferèngi 9 credevano di trovare Che, ripeto, sono soprattutto italiani, e italiani di allora, quando chiunque, anche il più illuminato anticolonialista, egualitario, umanista e pure anarchico avrebbe detto ‹negro› e mai ‹nero›, per indicare un africano, con tutte le limitazioni e tutto il ‹fardello dell’uomo bianco› (in termini di pregiudizi e non di civilizzazione) che comporta Per quanto riguarda gli altri autori citati, siamo tutti diversi con storie, presupposti e intenzioni diverse Semmai mi ritrovo più vicino agli esempi di New Italian Epic, rappresentati dai Wu Ming D.: Se in L’ottava vibrazione ricorrono rappresentazioni stereotipate dell’‹altro› africano, in particolar modo delle donne, che assumono in genere tratti animaleschi, con la sottolineatura del loro carattere istintivo - una per tutte Aicha, «la cagna nera» -, in Albergo Italia pare invece dominare quella «eguaglianza di trattamento per i personaggi di ogni sesso, età, razza e nazionalità» di cui parla F Manai, basti pensare al coprotagonista, il carabiniere indigeno bulùk bashi Ogbà In Ferengi sembra aver luogo addirittura un ribaltamento dell’immaginario: qui è un ferèngi ad assumere tratti animaleschi - il vecchio barone Caraffa malato di sifilide (contagiato dalle «sue negrette»), «la iena», che miagola, rantola, ringhia, allarga «le narici come un cavallo» Si potrebbe affermare che, maturando un’evoluzione di prospettiva, Lei si sia progressivamente scostato da una rappresentazione dell’Africa esotizzante, ovvero, per usare le parole di Alessandro Triulzi, 10 «fortemente italocentrica vista ancora una volta dal punto di vista dei colonizzatori»? 2_IH_Italienisch_74.indd 7 16.11.15 07: 55 8 A colloquio con Carlo Lucarelli Lucarelli No, di nuovo rispetto ma non condivido la constatazione Mi spiego: L’ottava vibrazione voleva essere quella storia che ho detto: storia di italiani in colonia Anche le donne di cui ho raccontato in quel romanzo passano attraverso quella lente, che è la stessa che ho letto in molti memoriali Nel colonialismo italiano prima e poco dopo Adua, che il mio romanzo voleva rappresentare, c’era pochissimo spazio per le donne e meno ancora per le donne eritree, relegate, nei loro contatti con i ferèngi, al ruolo di madame, serve, prostitute o streghe È all’interno di questo contesto che si muovono ed è lì dentro che devono ricavare il proprio spazio (e nel mio romanzo alcune se la cavano molto meglio degli uomini, ferèngi o abeshà 11 che siano) Nel mio romanzo di spazio ne hanno ancora meno trattandosi soprattutto, appunto, di una storia di cattivi italiani (in questo senso concordo pienamente con il fatto che sia «fortemente italocentrica vista ancora una volta dal punto di vista dei colonizzatori»: è proprio quello che volevo fare) Per quanto riguarda i tratti animaleschi sono tipici del mio modo di scrivere e non credo di averli attribuiti soltanto alle donne abeshà, anzi: ringhiare, ruggire e anche miagolare lo fanno tutti nei miei romanzi Nel caso specifico di Aicha, poi, «la cagna nera» è un nome attribuitole dai ferèngi come Vittorio, il cui immaginario è quello e soltanto quello, ed è un limite loro, non suo, che utilizza i loro desideri per ottenere quello che vuole Il suo carattere è istintivo secondo il punto di vista dei bianchi, non dal suo, che sa bene quello che vuole e come ottenerlo Non parlerei poi di carattere animalesco e istintivo per altri due personaggi africani come Ahmed e Gabrè, che hanno tutti e due una precisa consapevolezza politica Quando ho scritto Ferengi avevo lo stesso immaginario e quasi gli stessi personaggi de L’ottava vibrazione Soltanto, era una storia più piccola e diversa La protagonista femminile è una specie di accabadora tipica della tradizione sarda, che mi aveva colpito e che volevo riprodurre nel mio mondo coloniale, di nuovo una storia di italiani cattivi Albergo Italia è venuto dopo e con quello ho cercato coscientemente di passare anche dall’altra parte grazie al grimaldello offertomi dalla figura di Ogbà In questo senso sì che si tratta di un’evoluzione che passa attraverso la mia storia personale Ogbagabriel Ogbà è il nonno di mia moglie, che è eritrea, ed è cercando di far parlare e agire lui che ho scoperto tante cose sul mio personaggio - prima fra tutte che tra il capitano Colaprico (che conosce solo il mondo dei ferèngi e la lingua dei t’liàn) e lui (che è costretto a conoscerli tutti e due i mondi e le lingue), il vero Sherlock Holmes è Ogbà Prima non mi sarei mai permesso di entrare, se non marginalmente come ho fatto, nella testa di personaggi che non fossero italiani Adesso che ho una famiglia per metà eritrea, che ho due figlie per metà ferèngi e per metà abeshà, e che 2_IH_Italienisch_74.indd 8 16.11.15 07: 55 9 A colloquio con Carlo Lucarelli vado e vengo dal paese, mi permetto di avvicinarmi un po’ di più Solo un po’, però, nelle foto di famiglia resto comunque ‹l’unico ferèngi nella fotografia› Si tratta comunque di un’evoluzione (deve essere così), anche se considero quei libri (a cui aggiungo Sotto la Luna (2011), uscito sempre per il Corriere della Sera, come Ferengi) tappe indipendenti e compiute D.: Il racconto Ferengi si chiude con «Era brutta gente quella, brutta gente, che qui ci stava male E se non l’ami l’Africa, non te la meriti .» (p 53) Lei racconta senza veli una realtà coloniale contrassegnata da misfatti, corruzione, truffe, perversioni, razzismo, avidità e sfruttamento partecipando, così, a quel processo di revisione del passato cui storici come Nicola Labanca e Angelo Del Boca hanno dato un contributo decisivo, smascherando - dati d’archivio sui gravi crimini compiuti alla mano - la retorica degli «italiani brava gente» Secondo Lei l’opinione pubblica italiana è pronta e (ben)disposta a intraprendere un percorso culturale pienamente postcoloniale, a rivedere, cioè, un ordine del discorso autoassolutorio se non addirittura di rimozione della memoria collettiva (vedi il monumento a Graziani) 12 ? Quale ruolo potrebbe svolgere la fiction in tal senso, e soprattutto il giallo/ noir? Lucarelli L’opinione pubblica non lo conosce proprio quel periodo, per cui è facile farla indulgere nello stereotipo (quello sì) di italiani brava gente e far passare oscenità come il monumento a Graziani, contestato dalla maggior parte dei contrari più in quanto ‹semplicemente› fascista che non specificamente criminale di guerra, proprio perché di quei crimini non è a conoscenza Per fare un esempio sulla disinformazione e sulla mancanza di un immaginario specifico, quando dicevo che stavo scrivendo un romanzo ambientato ‹alla fine dell’Ottocento›, nel ‹primo› colonialismo italiano, ‹a cavallo di Adua, 1896›, in molti mi dicevano che ero tornato alle ambientazioni fasciste di Carta Bianca Ma non solo: se a Lampedusa sbarca Asmarèth di Mendeferà, noi non solo non sappiamo in che pianeta stia Mendeferà ma neanche se il nome Asmarèth si riferisca ad un uomo o a una donna, mentre sono luoghi e persone di cui abbiamo condiviso la storia (nel bene e nel male) per più di settanta anni Forse sapere da tempo che Asmarèth è una donna e conoscere il luogo da cui viene e in cui magari ha vissuto nostro nonno potrebbe aiutarci a risolvere meglio e con più rispetto gli attuali problemi delle migrazioni In questo senso la narrativa può contribuire alla creazione di un immaginario che ci familiarizzi con le cognizioni storiche che ci mancano e ci spinga a formarcele, con le riflessioni che ne possono conseguire Il noir è sempre in grado di raccontare la storia italiana, non solo per le sue capacità di avvincere il lettore, ma proprio perché è la nostra storia ad essere molto noir 2_IH_Italienisch_74.indd 9 16.11.15 07: 55 10 A colloquio con Carlo Lucarelli D.: «Era proprio così, l’Italia Come oggi» è il commento di copertina ad Albergo Italia E proprio come l’Italietta colonialistica - «il capofuriere Russo è talmente abituato a parlare così che non ci ha pensato neppure che potesse essere offensivo, negretto, per lui era solo un dato di fatto» (p 109) - l’Italietta contemporanea non conosce regole di political correctness rispetto a un ordine del discorso razzializzante, vedi gli insulti rivolti alla ministra Kyenge, riportati pedissequamente dalla stampa Sono gli effetti di lungo periodo di una ‹mancata Norimberga›? Nella contingenza dell’attuale ‹emergenza immigrazione›, l’«interfaccia con gli ex ‹nativi› diventati immigrati», per dirla con Triulzi, non dovrebbe far scattare nelle istituzioni italiane un senso ancor maggiore di solidarietà, in considerazione di una responsabilità storica? Lucarelli Noi italiani abbiamo enormi responsabilità A parte i massacri e i soprusi che accompagnano necessariamente ogni esperienza coloniale, noi abbiamo fin dall’inizio impedito la nascita di una classe dirigente abeshà escludendo scientificamente gli eritrei dagli studi e dai quadri minimamente dirigenziali Il governatore Martini ancora alla fine dell’Ottocento diceva che un’aberrazione come quella che gli inglesi permettevano in India, dove un indiano poteva dirigere un ufficio del telegrafo, da noi non doveva accadere Meccanici, camerieri e soldati, e niente di più Abbiamo costruito strade e case - come dicono i nostalgici - ma lo abbiamo fatto per noi E quando sono arrivati i fascisti ci siamo rimessi in pari con i peggiori colonialismi a livello di massacri e di apartheid Poi, a livello istituzionale, siamo più o meno spariti, impegnati a farci dimenticare Adesso arriva Asmarèth da Mendeferà e non sappiamo neanche chi è, mentre potremmo avere un rapporto molto più stretto e consapevole e un rispetto, di più, un affetto e una tenerezza, ora fraterni Forse una Norimberga coloniale avrebbe aiutato Ma vale per tutta la storia italiana, sempre liquidata troppo in fretta e col minor grado possibile di assunzione di responsabilità D.: Aicha «la cagna nera»; «Questa è la terra dell’ottava vibrazione dell’arcobaleno: il Nero»; Ferengi «racconto nero»; Balotelli: italiano, (ma) nero; Cécile Kyenge: neoministro di colore L’Italia postcoloniale riuscirà mai a oltrepassare quella sottile ‹linea del colore›? Per quanto ancora la ‹norma somatica bianca› e la conseguente svalutazione della nerezza continueranno a definire il campo semantico dell’italianità? Lucarelli Una sera ero a cena con quella che poi sarebbe diventata mia moglie, ci stavamo conoscendo e io le stavo spiegando cosa significava essere un autore di noir: notte, morte, disperazione, crimine… così all’improvviso lei mi ha detto: 2_IH_Italienisch_74.indd 10 16.11.15 07: 55 11 A colloquio con Carlo Lucarelli ma perché tutte queste cose brutte con il nero che è un colore così bello? È vero, è un bel colore (e per me da allora è ancora più bello perché è il suo) Molte delle nostre definizioni derivano dalla nostra cultura storica e sono occidentali (per esempio ai funerali da noi ci si veste di nero, in Eritrea di bianco, da cui deriva un diverso colore della morte) e l’abitudine a vedersi attorno facce bianche fa vedere come strane quelle nere La parola chiave, però, è ‹abitudine›: quando la nostra società, superati i traumi del passaggio, sarà giustamente e meravigliosamente colorata dalla generazione delle mie figlie (che stanno in un asilo di paese pieno di ‹Balotelli› e di ‹Kyenge›, ma anche di Disini, Ahmed e Yuan, tutti italiani come loro) voglio sperare che i colori saranno usati solamente per quello che significano Non più ‹nero come la morte›, magari, che richiama retroterra culturali occidentali ma ‹nero come la notte›, sì, perché in effetti la notte è nera perché è buia e magari fa paura solo per quello Restando agli esempi citati come indice di ‹biancocentrismo›: «la cagna nera» è un epiteto razzista (e credo di averne spiegato le ragioni), Ferengi è un racconto nero perché noir e ne possiamo discutere, ma l’ottava vibrazione dell’arcobaleno è una definizione di Tsegaye Gabrè Medhin, poeta etiope, per cui il nero è il colore del capolavoro di Dio (e io intendevo usarlo in quel senso come una specie di risarcimento: l’Eritrea è un paese bellissimo ma io l’ho potuto descrivere solo attraverso il caldo, la disperazione e la morte, scusatemi) D.: Ha mai pensato di far tradurre la Sua ‹opera coloniale› per un pubblico africano? Quale risonanza potrebbe derivarne? Lucarelli Mi piacerebbe molto Non ho idea di come sarebbe recepito ma ne sarei curioso In Eritrea, vista la politica culturale dell’attuale governo, non sarebbe possibile In Etiopia credo che il mio giudizio sugli italiani e sulla loro politica coloniale sia abbastanza in linea con quello che ho letto degli storici e dei narratori etiopi D.: Intende portare avanti il filone del giallo storico incentrato sul colonialismo, magari proseguendo cronologicamente con l’imperialismo fascista? Lucarelli Sto finendo il seguito di Albergo Italia, con di nuovo il capitano Colaprico e il bulùk bashi Ogbà, e sto raccogliendo materiale per un altro tomo a L’ottava vibrazione ambientato ad Addis Abeba proprio durante i massacri che seguirono all’attentato a Graziani E anche quella sarà naturalmente una storia di italiani cattivi 2_IH_Italienisch_74.indd 11 16.11.15 07: 55 12 A colloquio con Carlo Lucarelli Note 1 Almost Blue è anche un pezzo interpretato da Chet Baker; Un giorno dopo l’altro (2000), sempre con Grazia Negro, fa invece riferimento a una canzone di Luigi Tenco 2 All’organizzazione criminale, che per i propri spostamenti utilizzava un modello di auto insospettabile, la Fiat Uno, è ispirato un giallo di Lucarelli, Falange armata (1993), ed è stata dedicata la 6ª puntata della 4ª stagione di Blu notte 3 Scaricabile in rete - http: / / www .carmillaonline .com/ 2008/ 09/ 15/ new-italian-epic-20/ (5 .7 .2015) - il memorandum contiene riflessioni su alcuni aspetti della produzione letteraria italiana a partire dal 1993 . Vengono segnalate opere di autori - anche molto diversi - che rivelano alcuni tratti in comune, tra cui il ritorno a una narrazione ‹seria› (in contrapposizione all’ironia distaccata, percepita come caratteristica di una scrittura postmoderna) e la completa abolizione dei - presunti - confini tra fiction e non-fiction . Si veda anche il contributo di Lucarelli: http: / / www .carmillaonline .com/ 2008/ 05/ 06/ literaryopera-evangelisti-e-lucarelli-sul-new-italian-epic/ (5 .7 .2015) 4 Struttura di formazione narrativa, di cui Carlo Lucarelli è socio fondatore e direttore didattico, all’interno della quale gli allievi lavorano a progetti su commissione o proposti a terzi . Cfr . http: / / www .bottegafinzioni .it/ index .php? page=Bottega (4 .7 .2015) 5 Il riferimento è ad Acqua in bocca (2010), in cui ‹collaborano› alle indagini l’ispettrice lucarelliana Grazia Negro e il noto commissario camilleriano Montalbano 6 L’ottava vibrazione (2008), ambientato nell’Eritrea del 1896, è un romanzo che coniuga elementi dell’horror, del noir e del surreale; nel racconto Ferengi (2008) troviamo descrizioni dettagliate di fotografie che ricordano - nella loro precisione - le tecniche narrative di Almost Blue; Albergo Italia (2014), realizzato in occasione del bicentenario dell’Arma dei Carabinieri, rappresenta invece una rivisitazione dei meccanismi narrativi del giallo ‹classico›, proponendo una coppia insolita di investigatori 7 Cfr . «Il colonialismo italiano in Ennio Flaiano, Luciano Marrocu e Carlo Lucarelli», in: S . Contarini/ G . Pias/ L . Quaquarelli (a cura di), Coloniale e Postcoloniale nella letteratura italiana degli anni 2000 - Narrativa, 33/ 34, 2011/ 2012, pp . 323-331 8 Cfr . «Riferimenti identitari italiani alla luce della rilettura postcoloniale», in: M . Kleinhans/ R . Schwaderer (a cura di), Transkulturelle italophone Literatur. Letteratura italofona transculturale, Würzburg: Königshausen & Neumann 2013, pp . 101-114 9 Appellativo usato in Eritrea ed Etiopia a indicare gli stranieri bianchi 10 Cfr . «Volti nascosti, storie rimosse . Voci a contrasto dell’Italia postcoloniale», in: C . Lombardi-Diop/ C . Romeo (a cura di), L’Italia postcoloniale, Milano: Le Monnier 2014, pp . 137-149 11 Eritrei/ etiopici, del posto 12 Nel 2012 la regione Lazio ha finanziato la costruzione di un mausoleo al generale Graziani, conferendo post mortem gli onori di eroe nazionale al responsabile di gravi crimini ed efferati massacri nella colonia d’Africa 2_IH_Italienisch_74.indd 12 16.11.15 07: 55